Andrea Crisanti, microbiologo dell’università di Padova e senatore del Pd, sbatte la porta. Lascia l’Ateneo dove era arrivato da Londra come professore ordinario di microbiologia e microbiologia clinica, nonché direttore del Dipartimento di medicina molecolare, incarico che ha lasciato da quando era in aspettativa per l’elezione in Senato. I documenti per le dimissioni sono pronti e Crisanti ne avrebbe già parlato con i vertici dell’ateneo. È l’ultimo atto di un conflitto politico, scientifico e caratteriale, che lo ha visto contrapposto non tanto ai vertici accademici, da cui ha sempre avuto solidarietà, ma a quelli della Regione Veneto e al governatore leghista Luca Zaia. L’annuncio viene dato a poche ore di distanza dalla diffusione delle anticipazioni da parte della trasmissione Report di alcune intercettazioni telefoniche in cui Zaia esprime la propria ostilità nei confronti di Crisanti.

Il docente dichiara all’Ansa: “A partire da oggi lascio l’Università di Padova. Voglio essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda, visto che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università”. All’Adnkronos ha aggiunto: “Se gli avvocati identificheranno delle responsabilità di carattere penale, sulle quali nel caso ho tutta l’intenzione di andare a fondo, non voglio mettere in imbarazzo l’ateneo che fra le altre cose si trova anche in una situazione di collaborazione istituzionale con la Regione Veneto”.

Che cos’ha detto di tanto sconvolgente Zaia? Nella primavera 2021, intercettato mentre parlava con Roberto Toniolo, direttore di Azienda Zero, braccio operativo della giunta regionale per gli affari sanitari, uno Zaia a dir poco indispettito diceva: “Sono qua a rompermi i coglioni da 16 mesi, stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al Senato Accademico per sistemare Crisanti!”. Queste le parole, stando alle anticipazioni della trasmissione in onda lunedì 2 gennaio su Rai Tre. È la dimostrazione di quanto profondo fosse il solco scavato tra il politico, che durante la prima ondata del Covid aveva dato l’immagine di grande tempestività e competenza, e il medico che aveva messo in dubbio la bontà delle intuizioni dello staff zaiano e anzi rivendicava la propria paternità del modello di indagini a tappeto così efficace dopo la scoperta del focolaio a Vo (Padova) dove si verificò il primo decesso nel febbraio 2020.

A diffondere il testo delle intercettazioni è un servizio di Danilo Procaccianti all’interno della trasmissione di Sigfrido Ranucci. Parlando al telefono, Zaia aggiunge: “Siete andati a togliergli le castagne dal fuoco… è un anno che prendiamo la mira a questo… Adesso fa il salvatore della patria”. In quel momento Crisanti si sentiva sotto attacco da parte della Regione e aveva fatto riferimento a Galileo Galilei, processato per le sue teorie scientifiche. Le parole erano rivelatrici, perché l’immagine di salvatore del Veneto dal Covid apparteneva a Zaia, almeno nella prima ondata. Le sue conferenze stampa quotidiane erano diventate un appuntamento fisso e a settembre 2020 era stato rieletto con uno stratosferico 76 per cento di voti. Invece, durante la seconda recrudescenza della pandemia la regione aveva subito un tracollo in termini di decessi. “Abbiamo più positivi perché facciamo più tamponi degli altri” rispondeva invariabilmente Zaia. Ma a crescere erano anche i morti. Crisanti ad un certo punto dev’essere diventato una specie di ossessione per Zaia. Richiesto da Report di spiegare quelle frasi, il governatore ha preferito non rispondere.

Il dialogo è stato intercettato, come in un effetto “boomerang”, da un’inchiesta inizialmente chiesta dalla Regione Veneto. Il docente universitario aveva svolto uno studio scoprendo l’inattendibilità dei test rapidi che la Regione aveva usato su vasta scala contro il Covid. “Non sono idonei a rilevare tre positivi su 10” aveva detto Crisanti nell’autunno 2020. Lo aveva segnalato alla Regione Veneto proprio mentre questa era capofila di sette regioni italiane per un appalto da 148 milioni di euro per ottenere tamponi rapidi. Gli avevano dato del rompiscatole e del disfattista, al punto che un dossier era stato raccolto sul suo conto, esaminato dall’avvocato Fabio Pinelli di Padova, e poi inoltrato da Azienda Zero alla Procura. Ma alla fine sul banco degli imputati rischiano di finire gli uomini di Zaia, visto che a Padova sono stati indagati Roberto Rigoli, direttore della microbiologia di Treviso, che confermò l’idoneità scientifica dei test rapidi, e dell’allora direttrice generale di Azienda Zero, Patrizia Simionato. La Procura sostiene che i controlli sull’attendibilità dei test non furono accurati, nel 2020, ma venne ugualmente dato il via libera all’acquisto e al loro utilizzo. Per entrambi è già stato chiesto il rinvio a giudizio.

Adesso si capisce perché il 5 maggio del 2021, durante una conferenza stampa nella sede della Protezione Civile di Mestre, il governatore leghista Luca Zaia rispose in modo a dir poco imbarazzante, per sette volte, alle domande de ilfattoquotidiano.it riguardanti la denuncia della Regione contro il microbiologo Andrea Crisanti. Si trattava di una querela, un esposto o una semplice segnalazione? “Dovete parlare con il dottor Roberto Toniolo”. Il governatore si chiamava fuori dalla questione, che ha richiamato persino la persecuzione contro uno scienziato come Galileo Galilei? “No, non mi chiamo fuori, ma dovete parlare con il dottor Toniolo”. Azienda Zero ha agito su impulso della Regione o del suo presidente? “Chiedete al dottor Toniolo”. In quei giorni Zaia era probabilmente indispettito per la piega che stava prendendo la vicenda, visto che Azienda Zero e il suo direttore generale avevano scritto al Senato Accademico spiegando che la segnalazione alla Procura di Venezia non era una denuncia, bensì un esposto che conteneva articoli di stampa e dichiarazioni di Crisanti. La riprova è in quelle intercettazioni che ora hanno indotto il professore a fare il gran rifiuto.

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