Quelle frasi, da “è un anno che prendiamo la mira a questo” a “stiamo per portarlo allo schianto, non sarebbero dei casi isolati. Dopo le sue dimissioni dall’Università di Padova, il professore e senatore Andrea Crisanti racconta che nelle carte della Procura ci sono altre intercettazioni riguardanti Luca Zaia: “In altre occasioni il presidente del Veneto parla di me al telefono con fare intimidatorio. È l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei mie confronti”, dice il microbiologo in un’intervista al Corriere della Sera, durante la quale spiega le ragioni della sua scelta e parla addirittura di un “regime intimidatorio del Veneto“. È l’ultimo atto di un conflitto politico, scientifico e caratteriale, che ha visto contrapposti Crisanti e Zaia a partire dal prima dell’ottobre 2020, quando il docente universitario pubblicò uno studio sull’inattendibilità dei test rapidi che la Regione Veneto aveva usato su vasta scala contro il Covid.

Crisanti ha annunciato le dimissioni a poche ore di distanza dalla diffusione delle anticipazioni da parte della trasmissione Report di alcune intercettazioni telefoniche in cui Zaia esprime la propria ostilità nei confronti del microbiologo. Ma, secondo quest’ultimo, c’è anche di più delle telefonate finora emerse: “Non ne sapevo nulla finché non sono stato contattato da Report – dice Crisanti al Corriere – Allora ho presentato alla magistratura una richiesta di accesso agli atti e quando li ho ottenuti mi sono reso conto che non si tratta di un caso isolato“. Per questo parla di “campagna di diffamazione” nei suoi confronti, nonostante “abbia preso posizioni decise proprio per salvaguardare la Regione stessa e soprattutto i pazienti e i cittadini del Veneto”.

Il riferimento è appunto agli studi sull’inaffidabilità dei tamponi scelti dal Veneto durante la seconda ondata della pandemia. Azienda Zero aveva presentato un esposto in Procura contro Crisanti, ma alla fine sul banco degli imputati rischiano di finire gli uomini di Zaia, visto che a Padova sono stati indagati Roberto Rigoli, direttore della microbiologia di Treviso, che confermò l’idoneità scientifica dei test rapidi, e dell’allora direttrice generale di Azienda Zero, Patrizia Simionato. “Se fosse stata presa sul serio la ricerca, peraltro pubblicata su Nature, sarebbero saltati enormi interessi economici, visto che Azienda Zero aveva speso oltre 200 milioni di euro nei tamponi antigenici”, commenta adesso Crisanti.

Il professore e senatore spiega che i rapporti con Zaia si erano già rotti a luglio 2020 e sempre per colpa dei tamponi, ma aggiunge: “Le dichiarazioni del governatore sono comunque molto gravi, testimoniano ancora una volta l’intento intimidatorio nei miei confronti”. E ancora: “Sto valutando con il mio avvocato se in queste dichiarazioni si possa ravvisare un’ipotesi di reato e se così fosse inseguirò Zaia fine alla fine del mondo. Questo regime intimidatorio nel Veneto deve finire”. Sulle ragioni che lo hanno portato alla scelta delle dimissioni, Crisanti spiega: “Voglio essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda nell’ambito dell’inchiesta, senza creare imbarazzi all’Università da una parte e senza sentirmi condizionato dall’altra”. Il microbiologo infatti aggiunge un altro dettaglio sull’inchiesta: “Sto valutando l’eventuale rilevanza penale di intercettazioni riguardanti alcuni colleghi docenti“.

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Regione Puglia, i dirigenti della Sanità scrivono a Emiliano: “Così non si può più andare avanti”

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