Uno sfogo e al tempo stesso un atto d’accusa contro chi poteva, forse, con una telefonata poteva salvare la vita di sua sorella. “Mi rivolgo a tutte quelle persone che sentivano ogni volta le litigate di mia sorella con quel mostro. Invece di farvi i fatti vostri bastava una chiamata ai carabinieri e mia sorella si sarebbe salvata” scrive su Facebook la sorella di Giovanna Frino, la 44enne di Apricena (Foggia) uccisa, venerdì mattina, dal marito Angelo Di Lella, una ex guardia giurata di 56 anni. Una vita apparentemente tranquilla quella della donna e del marito sposati da una ventina d’anni e genitori di tre figli. Ma qualcosa in quel meccanismo familiare si è inceppato probabilmente da tempo. Le liti, secondo indiscrezioni, andavano avanti da tempo anche se non c’era mai stata una segnalazione alle forze dell’ordine. Intanto ieri l’uomo, che dopo aver ucciso la donna si era barricato in casa, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice per la convalida del fermo che poi ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Per cercare di risalire al movente del femminicidio carabinieri stanno scavando nelle dinamiche familiari della coppia.

Venerdì l’uomo, un operaio per una ditta di trasporti ed ex guardia giurata, ha sparato contro la donna. Quando i militari sono entrati in casa c’era, in cucina, il corpo senza vita. Tre i proiettili che hanno ferito a morte la donna, colpita prevalentemente al torace. La coppia ha tre figlie: una di tre anni che era all’asilo; una di 21 che era all’Università, ed un’altra 17enne. Quest’ultima non era andata a scuola perché molto raffreddata; era a casa quando i genitori avrebbero iniziato a litigare, ma quando ha udito le loro urla e sentito il primo colpo di pistola per paura è fuggita chiedendo aiuto.

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