La banca centrale statunitense ha alzato il costo del denaro di 50 punti base (0,5%) portando i tassi nell’intervallo tra 4,25 e 4,5%. Il livello dei tassi è ora sui valori più elevati dal 2007. La decisione è in linea con le attese degli analisti. Ieri è stato comunicato il dato sull’inflazione Usa che in novembre è scesa al 7,1% dal 7,7% di ottobre. Una dato è migliore delle previsioni che ha indotto a sperare che la Federal Reserve possa rallentare la sua stretta monetaria. La banca centrale infatti sta alzando i tassi per contrastare le corsa dei prezzi al consumo. Alzando il costo del denaro, e dunque gli interessi che si pagano per un prestito, diminuisce la quantità di denaro in circolazione e questo ha un effetto calmierante sull’inflazione. Il risvolto negativo di queste politiche monetarie è che tendono a rallentare l’economia e penalizzare quindi anche l’occupazione. Domani sono attese le decisioni sui tassi della Banca centrale europea e della Bank of England.

La Federal Reserve si aspetta una crescita dell’economia Usa dello 0,5% nel 2023 e dell’1,6% nel 2024. L’inflazione, nelle stime mediane, è in rallentamento al 3,1% l’anno prossimo e al 2,5% nel 2024. Lo comunica la banca centrale statunitense. La Fed intende “mantenere la posizione di politica monetaria restrittiva per un certo periodo di tempo”. Lo ha detto il presidente della Fed Jay Powell durante la conferenza stampa dopo la decisione dei tassi, di fatto gelando le attese dei mercati per un taglio dei tassi nel 2023. Dopo le parole di Powell gli indici di Wall Street hanno accentuato i ribassi. Il bitcoin è tornato sotto i 18mila dollari. La Fed “continua a valutare come “al rialzo i rischi per lo scenario d’inflazione”. Anche se le aspettative d’inflazione di medio termine restano ben ancorate, “ciò non deve farci abbassare la guardia”, ha proseguito il governatore.

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