Cultura

Stefano Massini debutta al Teatro della Pergola di Firenze con Freud: “Porto in scena la mia discesa nei meandri del sogno”

“L’interpretazione dei sogni”, al debutto il 14 dicembre al teatro della Pergola di Firenze (fino al 18), è il nuovo lavoro di Stefano Massini tratto dall’omonimo testo di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi. Il drammaturgo, vincitore del Tony Award, premio Oscar del teatro americano, ci ha messo più di un decennio per metterlo in scena

di Simona Griggio

E’ quasi sera, piazza San Pietro è deserta. Sul sagrato bagnato dalla pioggia le luci creano riflessi tremolanti. Papa Francesco prega per l’umanità stravolta dalla pandemia. E’ un’immagine santa. Onirica. Quasi una visione. Altro scenario. Due aerei, uno dopo l’altro, si schiantano sulle Torri Gemelle di New York. La scena è apocalittica. La nube di detriti copre tutto, le persone scampate sono fantasmi. Lo abbiamo vissuto o soltanto sognato? Sono immagini potenti, che si fanno realtà e precipitano dentro il nostro notturno peregrinare. Quando chiudiamo gli occhi e cominciamo a sognare. Tutti. Nessuno escluso.

“L’interpretazione dei sogni”, al debutto il 14 dicembre al teatro della Pergola di Firenze (fino al 18), è il nuovo lavoro di Stefano Massini tratto dall’omonimo testo di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi. Il drammaturgo, vincitore del Tony Award, premio Oscar del teatro americano, ci ha messo più di un decennio per metterlo in scena. Lo ha letto e riletto. Ha lavorato su se stesso. Ha approfondito, studiato e scritto questa partitura a più voci dove la musica e le immagini hanno una parte fondamentale. “E’ il lavoro più lungo che abbia mai svolto – racconta -. Ho iniziato a lavorarci nel 2010 ed è stato subito un innamoramento travolgente”.

La domanda da cui parte il suo viaggio ci riguarda: “Che cos’è questo sogno che assomiglia tanto al teatro? Perché quando chiudo gli occhi si apre il sipario sulla scena del sogno?” Massini spiega che teatro e sogno sono sempre stati legati e che anzi, i sogni si nutrono di realtà e di simboli così come l’atto teatrale. “Il teatro stesso è un sogno. Freud lo aveva capito definendo il suo metodo di analisi drammaturgico”. Il fondatore della psicanalisi è da lui narrato, recitato, rivissuto in uno spettacolo che si compone di parole e riflessioni, proiezioni e suoni dal vivo. Divulgatore pop, graffiante, ironico e spiazzante, lontano dall’aura dell’intellettuale autocelebrativa ed elitaria, Massini è un compositore e “scompositore” di parole, indagatore degli stati d’animo. E questo è il suo spettacolo dalla gestazione più lunga.

Sotto l’occhio del mito di Osiride, uno dei simboli antichi della nostra storia, le sue intuizioni di uomo del 2022 e le parole di Freud si intersecano e si nutrono a vicenda. Torniamo alla domanda fondamentale: cos’è il sogno? Al di là che se ne conservi memoria, la nostra esistenza è un susseguirsi di visioni notturne, architetture elaborate e complesse la cui costruzione obbedisce a una necessità naturale. Ma dove andiamo quando sogniamo, cosa cerchiamo di dire a noi stessi in quello spazio sospeso intermedio che ci accoglie appena chiudiamo gli occhi, rimane un mistero. Ecco che allora Stefano Massini conduce il pubblico alla ricerca di quel dove e perché.

Il suo viaggio è dentro se stesso come uomo contemporaneo e dentro le pagine di Freud, pietra miliare del Novecento. Tenta una risposta attraverso l’analisi di numerosi casi clinici, talora drammatici, talora perfino buffi e occasionali, ognuno capace di rivelarci qualcosa sulle leggi che sovrintendono alle nostre messinscene notturne. “Sì, messinscene – precisa – perché il sogno nella lettura di Freud ha un impianto profondamente teatrale, evidente fin da quel titolo originario del volume che alludeva a una vera e propria ‘drammaturgia onirica’”. Insomma, un teatro del sogno di cui Massini è un narratore ibrido, che non prescinde da se stesso: “Ora ho 47 anni, la stessa età di Freud quando consegna alla stampe la versione de L’interpretazione dei sogni che avrebbe cambiato la società nel 1903”. Il suo viaggio si compie anche attraverso i simboli. Dall’epica alla tragedia antica alla letteratura, dall’Odissea fino a Pinocchio. “Cos’è il cavallo di Troia se non una metafora, uno stratagemma che ti permette l’accesso al sogno?”, si chiede. Avere accesso ai sogni significa capire meglio se stessi. “Pretendiamo sempre l’attenzione degli altri – spiega – ma è ciò che non facciamo mai con noi stessi. L’Io, la nostra voce maggioritaria, toglie spazio alle nostre minoranze”.

I suoi sogni hanno influito? Risponde di sì. E specifica: “Anche le mie fobie, che hanno la stessa genesi dei sogni”. Una precisazione è doverosa: “Oggi viviamo in un’epoca particolare: il metaverso è una realtà terza. Una terra di mezzo, un livello di realtà virtuale prima inesistente”. E quindi? Il discorso è complesso. Far emergere domande sull’oggi è già molto stimolante. Poi ognuno darà le sue risposte. Del resto l’analisi dei propri sogni spetta prima di tutto al sognatore. In questo caso allo spettatore. Prodotto da teatro della Toscana, teatro Stabile di Bolzano, teatro di Roma con la collaborazione del Piccolo Teatro di Milano, lo spettacolo si avvale dell’apporto musicale di Enrico Fink e dei musicisti in scena Rachele Innocenti (violino), Damiano Terzoni (chitarre), Saverio Zacchei (trombone e tastiere). Scene di Marco Rossi, immagini di Walter Sardonini, luci di Alfredo Piras, e costumi di Elena Bianchini. Nel 2023 sarà al Piccolo di Milano e all’Argentina di Roma.

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