Bankitalia è “partecipata da banche private, è una istituzione che ha una visione, legittimamente, e questa visione fa sì che reputi più opportuno che non ci sia più di fatto utilizzo di denaro contante. Questa però non è la visione della Bce. La Bce ribadisce che la banconota è l’unica moneta a corso legale e che gli Stati membri non possono limitare l’utilizzo dell’unica moneta a corso legale a favore di una moneta privata, e Bankitalia che legittimamente ha un’altra visione, che reputa invece più opportuno che i cittadini si avvalgano di una moneta privata del circuito bancario“. Le affermazioni fatte pochi giorni fa dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari in risposta alle critiche su innalzamento del tetto al contante e stop all’obbligo di accettare pagamenti con il Pos possono essere interpretate come clamorosi errori, giganteschi svarioni rispetto ai più elementari principi di tecnica bancaria. Ma, in parte, l’esponente di FdI può utilizzare a suo piacimento una presa di posizione della Bce che all’epoca dell’introduzione da parte del governo Conte 2 del cashback, il meccanismo che premiava i cittadini che utilizzavano il più massicciamente possibile le transazioni elettroniche, richiamò il Mef, con una lunga lettera all’allora ministro Gualtieri, alla titolarità assoluta della Bce nell’emettere moneta.

La missiva ricordava che “che ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Sistema europeo di banche centrali (…) ha il compito fondamentale di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione”. Non è un mistero che la Bce ha sempre tenuto monitorato il tema delle cosiddette monete complementari, cioè di quei sistemi di pagamento digitali o non, che possono affiancarsi all’euro con corso legale. In proposito proprio Fabio Panetta, membro del board della Bce e a lungo direttore generale di Bankitalia, ha spiegato in un intervento sulla Frankfurter Allgemeine che “il presupposto è che l’euro digitale affiancherebbe il contante, senza sostituirlo. I nostri programmi non prevedono l’eliminazione delle banconote, come è stato più volte ribadito dalla presidente della Bce Christine Lagarde e da altri membri del Comitato esecutivo della BCE, anche alla luce del fatto che le banconote in euro hanno corso legale in base alla normativa europea. Per di più, la BCE e la Commissione europea son già oggi impegnate affinché il contante continui a essere ampiamente utilizzato nei pagamenti al dettaglio”.

La differenza tra moneta a corso legale e moneta elettronica – La moneta elettronica è a tutti gli effetti solo un sistema di pagamento che in alcun modo può sostituire il ruolo di emittente, che è e rimane prerogativa della Banca Centrale Europea dopo l’ingresso dell’Italia nell’euro e conseguentemente nel sistema europeo di banche centrali. Ma Fazzolari non ha fatto errori perché in realtà è rigorosamente in linea con le teorie di uno degli ideologi della destra italiana ed europea: Ezra Pound. Pochi sanno che il poeta statunitense, che morì in Italia internato in manicomio, e che secondo Enzo Siciliano “inventò la poesia moderna di lingua inglese”, è stato anche un teorico della moneta. Alcuni passi delle sue teorie, riprodotti dal sito la www.fenice-europa.eu possono permettere di inquadrare meglio il contesto teorico-culturale all’interno del quale sono maturate le affermazioni di Fazzolari: “La moneta non è prodotto della natura ma dell’uomo. È l’uomo che ne ha fatto uno strumento malefico, per mancanza di previdenza. Le nazioni hanno dimenticato le differenze fra animale, vegetale e minerale ovvero la finanza le ha fatto rappresentare tutte tre categorie naturali con un solo mezzo di scambio, negligendo di prendere in considerazione le conseguenze di tale atto. Il metallo dura, ma non si riproduce. Seminando l’oro non si raccoglie oro moltiplicato”.

Un mix di teorie economiche e filosofiche che hanno avuto grande fortuna nel sistema culturale dell’estrema destra e che si sono sempre accompagnate alla demonizzazione del signoraggio, la tassa o il reddito garantito dall’emissione di moneta. Come recita il sito di Bankitalia “oggi il signoraggio viene percepito in prima battuta dalle banche centrali, le quali tuttavia lo riversano poi agli Stati, titolari ultimi della sovranità monetaria. La principale differenza consiste nelle modalità con cui si forma il signoraggio. Quando la moneta è prodotta dallo Stato, è quest’ultimo che, spendendola ad esempio per acquistare beni e servizi, la mette in circolo nell’economia e realizza immediatamente il controvalore, al netto dei costi di produzione. Quando invece è la banca centrale a emettere le banconote (o, più in generale, la base monetaria, che include anche le riserve costituite dalle banche su conti presso la banca centrale), queste non sono spese in beni e servizi ma fornite alle banche commerciali, in forma di prestito, per le esigenze del sistema economico, o utilizzate per l’acquisto di attività finanziarie, come i titoli di Stato o le attività in valuta estera; al valore delle banconote, iscritto al passivo del bilancio della banca centrale, corrisponde quindi l’iscrizione di attività fruttifere nell’attivo del bilancio, che rendono un interesse. Perciò la banca centrale ottiene il signoraggio nel corso del tempo, come flusso di interessi sulle proprie attività fruttifere, al netto del costo di produzione delle banconote. Il valore scontato di tale flusso, che come si è detto è riversato allo Stato, è pari a quello che quest’ultimo avrebbe ottenuto immettendo direttamente la banconota nel circuito economico”.

Chi controlla Bankitalia – Fazzolari si è anche scagliato contro Banca d’Italia perché essendo di proprietà delle banche private commerciali è naturale che ne difenda gli interessi economici. Il nodo del controllo effettivo di Banca d’Italia da parte di istituzioni bancarie private esiste ed è stato oggetto più volte di polemiche politiche negli ultimi vent’anni, cioè almeno da quanto Bankitalia è entrata a far parte del Sistema europeo di banche centrali. A fine 2021, su 174 partecipanti al capitale della Banca d’Italia, il 56% era di proprietà di banche private, mentre il restante 44% di soggetti non bancari, come assicurazioni, enti previdenziali e fondazioni. Una dinamica figlia del periodo delle privatizzazioni delle tre Bin (Banca di interesse nazionale) che erano la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma, nate nel 1936 con la legge bancaria varata da Mussolini per superare la crisi del ’29 e gli scandali connessi alla vicenda della Banca Romana. Quel sistema disegnato dal regime fascista è rimasto operativo sino alla riforma avviata nel 1981 con la separazione del Tesoro dalla Banca d’Italia e le successive privatizzazioni delle tre Bin che hanno, di fatto, portato le banche private a diventare prime azioniste dell’istituto di Palazzo Koch.

I soggetti che partecipano al capitale della banca centrale sono rappresentati all’interno dell’Assemblea dei partecipanti, che elegge i 13 membri del Consiglio superiore della Banca d’Italia. Questo organismo esercita le «funzioni di amministrazione generale» e vigila sull’«andamento della gestione e il controllo interno della banca». Una persona, per essere eletta consigliere, non deve ricoprire, o aver ricoperto nei due anni precedenti, incarichi presso banche private e deve essere una «personalità con significativa esperienza nel settore imprenditoriale, nell’attività libero-professionale, nell’insegnamento universitario o nell’alta dirigenza della Pubblica amministrazione».

In base allo Statuto della Banca d’Italia, l’Assemblea dei partecipanti non ha «alcuna ingerenza nell’esercizio delle funzioni pubbliche» non solo della banca centrale, ma anche del suo governatore, che è la figura principale dell’istituto e che fa parte del Consiglio superiore, senza però essere eletto dai rappresentanti delle banche. Quest’ultimi nominano invece il direttore generale e i vicedirettori generali, su proposta dello stesso governatore. Per la partecipazione delle quote di capitale della Banca d’Italia, ci sono comunque alcuni limiti. Per esempio, solo le società che hanno sede e amministrazione nel nostro Paese possono comprare le quote, non superando il 5% del totale (l’ultima legge di Bilancio ha alzato il tetto, prima al 3%). Oltre questa soglia, un partecipante al capitale non ha vantaggi né sui dividendi né in termini di rappresentanza.

Il ruolo del governatore – Come anticipato, la figura principale all’interno della Banca d’Italia è quella del governatore, incarico attualmente ricoperto da Ignazio Visco. In base all’articolo 18 dello Statuto della Banca d’Italia, la nomina del governatore, il rinnovo del suo mandato e un’eventuale revoca sono di natura pubblica e “sono disposti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore”. Visco, per esempio, è stato nominato governatore nel 2011 dal quarto governo Berlusconi. Dunque, sulla nomina della figura principale all’interno dell’istituzione, le banche hanno solo un ruolo consultivo. Tra le altre cose, il governatore della Banca d’Italia rappresenta il nostro Paese nel Consiglio direttivo della Bce, che è l’organo decisionale più importante della banca centrale dell’Ue. E proprio quest’ultima, negli anni, ha avuto un ruolo nel limitare le possibili influenze delle banche private sulle attività delle banche centrali degli Stati membri dell’Ue.

La Banca d’Italia deve esercitare le proprie funzioni rispettando le modalità previste dal Meccanismo di vigilanza unico, uno dei pilastri dell’unione bancaria dell’Ue, tra i cui obiettivi ci sono la salvaguardia della solidità del sistema bancario europeo. Il Meccanismo di vigilanza unico, tra le altre cose, stabilisce che la Bce «esercita la vigilanza diretta su 110 banche significative dei Paesi partecipanti» dell’area euro. Dunque, le principali banche italiane sono vigilate direttamente dalla Banca centrale europea.

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