“Presso il Dipartimento della pubblica sicurezza non risulta alcuna autorizzazione in ordine all’attività dei centri in questione. Assicuro che le forze di polizia, insieme all’intelligence, attueranno un monitoraggio con la massima attenzione, io lo seguirò personalmente e non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità riscontrate”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, rispondendo a un question time alla Camera sulle presunte 11 stazioni di polizia cinesi in Italia che – secondo una denuncia della ong spagnola Safeguard Defenders – monitorano i connazionali nel nostro Paese costringendo i dissidenti al rimpatrio. Gli uffici del governo di Pechino sono stati localizzati dalla ong a Roma, Milano, Bolzano, Venezia, Firenze, Prato (dove vive la comunità cinese più numerosa) e in Sicilia. La vicenda, ha premesso il ministro, che “non ha alcuna attinenza con gli accordi di cooperazione di polizia ed i pattugliamenti congiunti tra Italia e Cina che si sono svolti dal 2016 al 2019″.

Riguardo alla presunta stazione di Prato, ha spiegato, “la polizia ha immediatamente avviato accertamenti, dai quali è emerso che lo scorso marzo un’associazione culturale cinese ha aperto una sorta di sportello per il disbrigo di pratiche amministrative rivolto ai connazionali in Italia, nonché un servizio per il rinnovo di patenti cinesi e per le successioni. Ad oggi risulta che il centro non fornisca più questi servizi verso i quali c’è stato peraltro uno scarso interesse, essendo pervenute solo quattro richieste”. Saranno fatti, ha detto ancora il ministro, “approfondimenti su altre città. Al momento non risultano casi analoghi a quello di Prato a Firenze, Roma, Venezia e Bolzano. Solo a Milano è stata riscontrata la presenza di un’associazione, la Overseas chinese centre, che svolge attività di disbrigo pratiche amministrative per i cittadini cinesi, sulla quale sono in corso approfondimenti”.

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