Luigi Di Maio è candidato alla carica di Inviato Speciale Ue per il Golfo Persico, ma potrebbe a fatica proporsi per svolgere un periodo di stage al Servizio europeo di azione esterna, il servizio diplomatico dell’Unione europeo. Se si candidasse per svolgere un tirocinio retribuito presso il servizio diplomatico, infatti, avrebbe soltanto uno dei tre requisiti richiesti per accedere allo stage: la cittadinanza. Mentre si troverebbe sprovvisto di certificazioni sulle lingue e lauree. A porre l’accento sulla dissonanza tra ciò che avviene nei ruoli dell’Unione sono stati Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato e Ignazio Corrao, i tre eurodeputati italiani eletti tra le file del Movimento 5 Stelle che oggi fanno parte del gruppo Green/Efa. I tre eurodeputati hanno presentato un’interrogazione rivolta al Consiglio dell’Unione europea che ha raccolto l’adesione di parlamentari appartenenti a gruppi diversi: Verdi, Socialisti, Liberali e componenti del Gruppo Misto. Nel testo si chiedono spiegazioni sui motivi che stanno spingendo le istituzioni dell’Unione europea a scegliere Luigi Di Maio come rappresentante speciale nell’area del Golfo Persico.

Per i tirocini retribuiti – spiegano i parlamentari – si richiede che i candidati abbiano almeno una laurea triennale. Inoltre, il tirocinante “per poter seguire le riunioni e fornire prestazioni adeguate, deve avere la capacità di parlare nella lingua di lavoro della delegazione dell’Ue. Di qui la domanda, chiaramente provocatoria: “Perché una persona come Di Maio, che avrebbe a malapena i titoli per uno stage, dovrebbe rappresentarci in un’area strategica come quella del Golfo?”.

“Non sono chiare le dinamiche che hanno portato a proporre un nome sprovvisto di credibilità, titolo di studio e competenze specifiche – ha detto il deputato Piernicola Pedicini – ma è evidente che ci siano ragioni di bottega che risalgono all’esperienza Draghi. Un patto da Prima Repubblica, probabilmente il prezzo pagato per il tentativo, miseramente fallito, di affossare Conte e il M5S. Senza alcun requisito, l’ex capo grillino si potrebbe ritrovare a scalzare candidati che, a differenza sua, vantano lauree, titoli, competenze acquisite sul campo, conoscenza delle lingue straniere e anni di esperienze diplomatiche. Sarebbe l’esempio peggiore, l’ennesimo, che può dare il nostro Paese agli occhi del mondo intero, oltre che a quelli di tantissimi ragazzi che credono nella meritocrazia e, per questo, fanno sacrifici enormi per maturare una formazione adeguata con la speranza di avere successo nel mercato del lavoro”.

L’ultima parola sulle sorti dell’ex Ministro degli esteri spetterà a Josep Borell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Borell si potrebbe trovare in forte imbarazzo: sa bene che chiunque voglia lavorare presso le istituzioni europee deve rispettare requisiti molto precisi. Moltissimi neolaureati, ad esempio, tentano di accedere al Bluebook, il tirocinio formativo presso la Commissione europea. Anche qui, l’Unione europea – per accedere alla fase delle selezioni – richiede la conoscenza di una seconda lingua dell’UE ed un titolo di studio universitario almeno triennale. Di Maio, anche in questo caso, non avrebbe i requisiti per accedere alle selezioni. Ma si sa: in politica tutto è possibile.

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