La verifica della Consob sui bilanci della Juventus era cominciata il 13 luglio dello scorso anno. I dirigenti bianconeri però non sapevano che poco dopo erano iniziate anche le intercettazioni della Guardia di Finanza. Dialoghi rivelatisi poi fondamentali per definire le accuse della Procura di Torino che hanno portato oggi alla richiesta di rinvio a giudizio di 12 persone fisiche – più la società imputata per responsabilità amministrativa – tra le quali Andrea Agnelli, il suo vice Pavel Nedved e l’ad Maurizio Arrivabene, ma anche dell’ex direttore sportivo Fabio Paratici. Le imputazioni sono di false comunicazioni sociali, manipolazione del mercato, dichiarazioni fraudolente con utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ostacolo alle autorità di vigilanza e aggiotaggio informativo.

La presenza di Paratici non è un dettaglio, soprattutto per quanto riguarda il filone di indagine sulle presunte plusvalenze fittizie, da affiancare a quello sulla cosiddetta “manovra stipendi”. Proprio in alcune delle intercettazioni raccolte dai finanziari e riportate da Repubblica e Corriere della Sera, l’attuale direttore sportivo Federico Cherubini (non indagato) racconta delle manovre del suo ex collega: “Con Fabio (Paratici, ndr) non si poteva ragionare. Finché c’è stato Marotta gli metteva un freno. Quando è andato via ha avuto carta libera“. E ancora: “Io l’ho detto a Fabio (Paratici, ndr): è una modalità lecita ma hai spinto troppo. E lui rispondeva: ‘Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla’”.

Una convinzione che, sempre stando alle intercettazioni riportate dai due quotidiani, era diffusa negli ambienti bianconeri. A metà ottobre 2021 l’ispezione della Consob, l’organo di vigilanza per le società e la Borsa, è quasi conclusa. I dirigenti della Juventus, sempre ascoltati dai finanzieri, parlano dello scambio tra Tongya e Akè con il Marsiglia e di quello tra Arthur e Pjanic con il Barcellona. Ma nessuno credeva che queste operazioni potessero diventare un problema: “Tanto la Consob la supercazzoliamo“, dice uno dei presenti. Il Corriere attribuisce la frase al direttore finanziario Stefano Cerrato. Che tornerà a usare l’espressione celebre del film Amici Miei in un’altra occasione, quando parla con il revisore dei conti Roberto Grossi di Ernst & Young: “Posso io supercazzolarli in modo più raffinato?”, chiede Cerrato, parlando della relazione che deve consegnare proprio alla Consob.

Qualcuno a dire il vero si stava preoccupando, almeno stando alle parole intercettate. Il dirigente Stefano Bertola, capo dell’area business, pochi giorni dopo l’inizio dell’ispezione della Consob dice: “Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Anzi peggio perché calciopoli avevamo tutti quelli che ci davano addosso. Qui ce la siamo creata noi“. Una frase riportata sia da Corriere che da Repubblica: entrambi i quotidiani sottolineano però che Bertola avrebbe potuto fare riferimento alle difficoltà nel gestire dal punto di vista societario una situazione così complessa (tra Covid, progetto Superlega abortito e conti in rosso), facendo un paragone con il periodo post-2006.

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