“Gli Stati Uniti violano gli statuti della Fifa pubblicando un’immagine distorta della bandiera iraniana. La sezione 13 del regolamento spiega che dovrebbe essere comminata una sanzione di 10 partite”. Sono queste le parole dei legali della federazione calcistica iraniana che chiedono la squalifica della nazionale Usa dai Mondiali in Qatar. Dopo gli scontri con le nazionali europee per l’utilizzo della fascia da capitano antidiscriminazione, l’organizzazione presieduta da Gianni Infantino è costretta a fronteggiare la crescente tensione tra Iran e Stati Uniti, alla vigilia del match del 29 novembre in cui si decideranno i destini del gruppo B, ancora molto aperto e combattuto.

La dichiarazione degli avvocati iraniani è la conseguenza di un grafica postata su Twitter da parte della federazione statunitense, vissuta come un gesto di sfida da quella mediorientale. Per presentare la partita finale della prima fase della Coppa del mondo, gli Usa hanno pubblicato un’immagine raffigurante la bandiera dell’Iran, dopo aver rimosso, però, lo stemma centrale della Repubblica islamica. Per la federazione di Teheran non si tratta solo di un’offesa, bensì di un chiaro sostegno a chi nel loro Paese manifesta contro il governo. Lettura successivamente confermata anche dagli Usa: hanno dichiarato di aver deciso di sostituire la bandiera ufficiale iraniana sui propri account social per 24 ore per mostrare “sostegno alle donne in Iran che lottano per i diritti umani fondamentali”. Nell’ultimo tweet, del 27 novembre, la federazione americana è tornata a rappresentare la bandiera ufficiale. Sulla vicenda è intervenuta anche la Casa Bianca: la Federazione calcio americana “non si è coordinata” con l’amministrazione sulla decisione di cambiare la bandiera dell’Iran sui suoi social media in segno di solidarietà verso le proteste in corso nel Paese, ha spiegato un portavoce del dipartimento di Stato alla Cnn. “Ci auguriamo di assistere a una partita pacifica e competitiva”, ha aggiunto, “gli Stati Uniti continuano a sostenere il popolo iraniano di fronte alla violenza contro le donne da parte di Teheran e alla brutale repressione contro manifestanti pacifici”.

Ma la bandiera modificata è diventata presto virale sui social, scatenando la reazione della federazione mediorientale che ha dato mandato ai suoi legali consulenti di presentare un reclamo formale alla Fifa. È stato chiesto che gli Stati Uniti vengano sanzionati con una squalifica di 10 partite, il che significherebbe la sua automatica estromissione dai Mondiali in Qatar. “Hanno rimosso il nome di Dio dalla nostra bandiera nazionale”, hanno commentato le autorità dell’Iran, facendo riferimento al simbolo ufficiale del Paese, posto al centro. Questo rappresenta la stilizzazione della parola “Allah” in alfabeto arabo-persiano. È costituito da quattro mezzelune e una spada, i cinque elementi che rimandano ai pilastri della religione islamica. Al di sopra della spada si trova una “shadda”, la cui forma ricorda un tulipano, fiore simbolo dei martiri nazionali, coloro che sono morti per il Paese, durante la rivoluzione islamica khomeinista, avvenuta tra il 1978 e il 1979.

La nazionale dell’Iran, fin dalla prima partita, è stata al centro di attenzioni mediatiche non riconducibili alle loro gesta sportive. Dopo la partita inaugurale contro l’Inghilterra, più che la sconfitta per 6 a 2, a tenere banco è stato il silenzio dei giocatori durante l’inno. La decisione di non cantare, da interpretare come un gesto di sostegno alle proteste della popolazione contro il governo, scoppiate nel Paese più di due mesi fa per la morte di Mahsa Amini, è stata molto rischiosa per i calciatori. Le loro famiglie, infatti, si trovano in Iran e rischiano di subire ripercussioni a causa di questa insubordinazione. Forse anche per questo, i giocatori hanno scelto di non replicare l’azione durante l’inno prima della seconda partita, poi vinta per 2 a 0 contro il Galles. Gara durante la quale sono state sequestrate le magliette e le bandiere “Woman Life Freedom”, esibiti per sostenere le manifestazioni per i diritti delle donne in Iran.

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