di Edoardo Moneta

Sarebbe interessante che se ne occupasse anche la redazione, ma nel mio piccolo mi limito a segnalare una notizia che, pur non meravigliandomi, merita una riflessione. Come noto, un mese fa si è andati a elezioni anche nell’efficientissima Svezia. Manco a dirlo, il governo socialdemocratico è caduto [in foto l’ex premier Magdalena Andersson che rassegna le dimissioni]. Non stiamo certo parlando dei degni emuli di Olof Palme, bensì di un governo che ha prima varato misure restrittive, se non vessatorie, contro gli immigrati, e poi, ancor più gravemente, ha raso al suolo due secoli di tradizionale neutralità facendo richiesta di entrata nella Nato.

Tutto ciò pur non avendo la contiguità territoriale con la Russia, al contrario dei vicini finlandesi, e dovendo sottostare al diktat turco di estradare i “terroristi”, nonostante una comunità curda molto più numerosa che in Finlandia. Ebbene, pure in Svezia ha vinto la destra, e non si può certo dire che la sinistra non se la sia cercata. Se quanto scritto finora, pur con un altro taglio, era però presente su tutte le rassegne stampa italiane, c’è un altro aspetto che non è stato minimamente considerato nella vittoria dei conservatori.

Sto parlando della mozione comune, presentata il 3 ottobre dai quattro partiti di destra ora al governo, che annuncia la decisione di fermare la linea ad alta velocità Stoccolma-Malmö-Göteborg. Il progetto era stato addirittura proposto nel 2014 dall’allora governo moderato, salvo poi essere sposato in toto dal successivo governo socialdemocratico (come vedete, le analogie con la sinistra sviluppista nostrana si sprecano).

Nel 2016 però, con l’arrivo di Anna Kinberg Batra alla guida dei Moderati, mutò anche la posizione del partito sul progetto, per bocca del suo stesso responsabile economico Kristersson, il quale definì il progetto “costoso, non vantaggioso e troppo protratto nel tempo”. Si prevedeva infatti che il progetto sarebbe stato ultimato nel 2045 e che sarebbe costato, con un calcolo a dire il vero sottostimato (non considerava la costruzione delle stazioni e di vari servizi annessi), 325 miliardi di corone svedesi, pari a circa 30 miliardi di euro.

E sì che delle voci critiche c’erano state anche all’interno degli stessi socialdemocratici, ma l’intervento di uno dei più influenti e popolari intellettuali socialdemocratici, Göran Greider, non è stato considerato dai vertici del partito, intenti a magnificare le ricadute sedicenti ecologiche della linea, oltre alla sua vantaggiosità economica, sebbene nel 2019 la stessa Corte dei conti svedese abbia stroncato il progetto così com’era presentato.

Adesso però il vento a Stoccolma è cambiato, ma non certo per fini ambientali. Il nuovo governo infatti vanta al suo interno alcuni campioni di negazionismo climatico e non è certo mosso da ragioni ecologiste, bensì da finalità meramente economiche. Da quelle parti infatti, dopo la scottatura vissuta col ponte tra Svezia e Danimarca, il cui bilancio è ancora in passivo, hanno imparato che questi megaprogetti sono soprattutto un grande sperpero di soldi. Ecco quindi un altro argomento da muovere contro la vulgata della politica e del giornalismo italiani, sempre pronti a scagliarsi contro “l’ambientalismo dei no” quando si sottolinea lo scempio ecologico causato da queste grandi opere.

Adesso potremo chiedere loro: “Ma adesso in Svezia si sono bevuti il cervello? E com’è che loro prosperano e noi siamo alla canna del gas?”.

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