Facce agitate e infastidite tra i banchi del governo, molti mugugni provenienti dalla parte dell’Aula occupata dalla maggioranza. E poi quel labiale di Giorgia Meloni, che secondo l’interpretazione più diffusa sembra usare l’espressione “che mer*a…” (video). Il discorso di Giuseppe Conte alla Camera in dichiarazione di voto sulla fiducia al governo Meloni è quello che più ha lasciato il segno, almeno guardando alle reazioni a Montecitorio. In questo momento, la differenza tra il leader del M5s e quelli delle altre forze di opposizione “è la nettezza con cui dice le cose”, spiega il sondaggista Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè. I passaggi sul caro bollette, quelli a difesa del reddito di cittadinanza, quelli sulle reali intenzioni del nuovo esecutivo: “Mi viene un dubbio: non è che l’agenda Draghi la vuole scrivere lei?”. Conte ha cercato di colpire più volte: “Credo ci sia una componente di pragmatismo e spregiudicatezza. Sa usare il presente che ha a disposizione giorno per giorno con molta più abilità di quanto accada nel Pd”, analizza Weber.

Come quando ha ricordato a Fratelli d’Italia di non aver votato il Next Generation Eu e il Pnrr: “Se fosse stato per voi non lo avremmo avuto”, ha detto il leader del M5s. Ed è in quel momento che Meloni ha reagito quasi stizzita, usando quell’espressione ripresa dalle tante telecamere di Montecitorio. Conte ha parlato anche di quanto accaduto all’Università La Sapienza: “Vedere manganelli, cariche contro studenti indifesi, mi preoccupa da cittadino e da professore universitario”. Le immagini in diretta dalla Camera hanno mostrato il subbuglio tra i banchi del governo, con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che si affrettava a riferire qualcosa prima al vicepremier Antonio Tajani e poi alla stessa Meloni. Tutt’altra immagine l’ha restituita l’altra forza di opposizione, la prima nei numeri, ovvero il Pd: “Non so se ha visto la facilità con cui Meloni ha rintuzzato Serracchiani”, sottolinea Weber. Il riferimento è alla replica della premier dopo l’intervento di Debora Serracchiani: “Ho sentito dire che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini. Mi guardi, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?“, ha detto Meloni, tra gli applausi dei ministri.

Weber, secondo Lei in questo momento Conte viene percepito come il leader dell’opposizione?
Posso dire che in questo momento il M5s sta assumendo un carattere e un perimetro identitario, progressivamente sempre più nitido. Il Pd invece ne è pesantemente alla ricerca. Quindi è chiaro qual è il profilo di Conte e la nettezza con cui dice le cose. E questo per un semplice motivo: la tagliola dei due mandati ha dato un’impronta d’ordine al M5s, che invece non c’è in un luogo ad alto tasso correntizio come il Pd. Di conseguenza è molto probabile che anche Conte si senta rassicurato da questo e che per questo parli con quella disinvoltura e in quel modo tagliente che abbiamo sentito alla Camera.

Come giudica il suo discorso e le reazioni della maggioranza?
Il M5s, che scioccamente gli altri continuano a valutare negli stessi termini con cui la valutavano nel 2018, è invece diventato qualcosa di completamente diverso. E questa relativa solidità dà a Conte una corsia di sicurezza che conta moltissimo. Ho visto gli uomini politici far conto continuamente con quello che avevano alle spalle. Lui invece in questo momento ha dietro una formazione abbastanza coesa. E questo anche gli avversari lo avvertono. E poi era parecchio tempo che non si vedeva qualcosa di così contundente. Conte può profittare della soggettività della propria forza politica e del disorientamento del Pd.

Perché Letta e il Pd invece non riescono a essere così incisivi?
Letta cosa vuole che faccia? È un leader a termine. Ma il Pd intimamente sa che negli ultimi 10 anni quel gap che si è creato con la grande crisi economico-finanziaria tra il 2008 e il 2011 non è riuscito a farlo recuperare agli italiani. Quindi devono “giochicchiare” sui diritti. E su “il” e su “la”, come se il o la presidente fosse qualcosa di dirimente per gli italiani. E questa è cattiva coscienza.

Conte invece nel suo discorso è tornato sul tema della povertà. Può essere una battaglia efficace?
Questo strumento banale che è il sondaggio d’opinione ci dice che i fattori di insofferenza economica, sociale ed esistenziale continuano ad aumentare. Conte riesce a costruire un elemento di prossimità su una chiave molto provinciale. Non ha le raffinatezze del politico educato, ma questo gli vale tanto: se parla di povertà, da un pezzo di Italia si fa capire. Ed, entro certi limiti, si fa anche credere. Ma non è un elogio di Conte.

Si spieghi.
Il tema è che le partite si giocano in due: la Juventus che perde con il Benfica, perde per debolezza propria. Il Benfica non è la squadra più forte d’Europa, ma lo sembrava. Questa è la condizione in cui adesso Conte si trova a giocare con il Pd. Nel gioco delle opposizione, è largamente avvantaggiato. E il Pd dovrebbe fare attenzione, perché quando scendi sotto una certa soglia dopo diventa difficile risalire. Mi aspetto che nel tempo ci sia un rovesciamento del peso: sono già pari, ma il peso maggiore passerà ai Cinquestelle e il peso minore ai democratici.

Conte è stato anche il primo a rilanciare la marcia per la pace del prossimo 5 novembre. Sarà ripagato in termini di consensi?
Bisognerà capire quale sarà la reazione del popolo italiano. Storicamente gli italiani, da quando faccio sondaggi, non hanno mai avuto una posizione interventista. La maggioranza degli italiani è contro gli aiuti militari a Kiev ed è possibile che tra un po’ siano anche contro le sanzioni alla Russia, da un lato per semplice cinismo. Se questo sentimento crescerà e si farà sentimento politico, saranno in difficoltà tutti gli altri partiti.

Il leader M5s è percepito anche come colui che si è intestato una posizione pacifista?
Sì. E se sarà bravo, potrà crescere di tanto anche su questo. Perché il non interventismo militari non è una cosa di superficie, è una cosa antica, sedimentata tra gli italiani. Possibile che il mondo politico non sappia farsi recettore di tutto questo? Non con una posizione filo-putiniana, ma paradossalmente europeista. Non è detto che non ci sia un principio di reazione tra le persone e poi qualcosa che cresce.

Dopo la caduta del governo Draghi, disse che il M5s avrebbe recuperato consensi andando alle elezioni da solo. Così è stato. Lo stesso discorso vale anche adesso che M5s e Pd sono all’opposizione?
Sicuramente sì. Soprattutto perché il Pd non sa fare opposizione. Se sei cresciuto in un clima in cui l’obiettivo è risolvere il conflitto, ovunque si presenti, non puoi saper fare opposizione. Quindi saranno in grave difficoltà. Si appiccicheranno ai temi come gli articoli determinativi. Anche questa sciocchezza che dicono: “Immergersi fra la gente”. Ma non è mica una roba facile: è un esercizio lungo, che implica anni di lavoro. Se ci sarà un leader carismatico capace di cambiare rotta, allora tutto è possibile. Ma per adesso nel Pd non se ne vedono.

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