di Luigi Manfra*

La crisi del gas in Europa dipende da una offerta insufficiente, come sostengono i paladini del liberismo, oppure da una manovra speculativa da parte degli operatori? Come scrivevo in un mio precedente post: “Le cause di questo fenomeno sono di natura finanziaria, perché il prezzo internazionale del gas naturale è spinto in alto della speculazione che moltiplica gli effetti dell’incremento che nel 2021 ha avuto la domanda globale. In altri termini, l’aumento del Pil, insieme ai ritardi nelle consegne e all’aumento dei noli marittimi, ha soltanto avviato l’aumento dei prezzi, mentre la speculazione finanziaria ha fatto il resto”.

Se si dà un’occhiata ai numeri, si rileva come nell’imminente inverno, a meno di temperature polari, non ci sarà carenza di gas. Come scrive una rivista specializzata in energia, “più che l’inverno alle porte, è quello successivo che potrebbe mettere in grossa difficoltà diversi paesi, soprattutto i più vulnerabili del centro Europa”.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Oxford Institute for Energy Studies, i paesi più colpiti dalla riduzione o dall’interruzione delle importazioni di gas dalla Russia sono quelli dell’Europa centrale: Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria e Ungheria. L’Italia, che ha agito tempestivamente, è riuscita a sostituire quasi interamente il gas russo, che ancora oggi, dopo una breve interruzione nei primi giorni di ottobre, è tornato a fluire dallo snodo di Tarvisio, anche se in quantità ridotte.

Lo stesso ministro Roberto Cingolani ha affermato che bisogna distinguere i timori economici-inflattivi dovuti al costo dai timori sulle quantità di gas. Addirittura in Italia di recente alcuni operatori hanno venduto in Europa una parte del gas importato, a prezzi più alti di quelli italiani. Infine, per quanto riguarda il consumo, va sottolineato come le famiglie e le imprese abbiano avviato un razionamento di fatto per proteggersi dai rincari. I consumi di gas naturale, infatti, hanno avuto una brusca contrazione e l’Italia ha consumato a settembre 2022 circa 4 milioni di mc di gas, in calo del 15,9% su sullo stesso mese del 2021 e dell’8,9% rispetto alla media del decennio 2012-2021, toccando i minimi da vent’anni per questo mese.

Passando al problema dei prezzi che, come afferma il ministro Cingolani, è il problema più grave, l’aumento del gas negli ultimi due anni è stato molto rilevante, toccando, nell’agosto di quest’anno, i 350 euro a megawattora al Tft di Amsterdam, mercato di riferimento in Europa.

La Commissione Ue negli ultimi mesi ha proposto di fissare un tetto massimo al prezzo di vendita del gas (price cap) in Europa. La discussione tra i paesi è in corso e, benché ci siano ancora molte resistenze, il 10 ottobre al Tft di Amsterdam le contrattazioni sono risultate in calo a 145 euro al megawattora, il livello più basso dall’inizio dello scorso luglio. È stato sufficiente, dunque, l’avvio della discussione sul price cap per vedere un ridimensionamento delle quotazioni.

La riduzione di questi giorni potrebbe non essere un calo temporaneo. Infatti il rialzo dei prezzi avvenuto nei mesi scorsi non è imputabile ai dati fondamentali dell’economia, che vede una riduzione rilevante della crescita economica e, quindi della domanda globale. La bolla speculativa si sta sgonfiando perché una parte degli speculatori che hanno puntato sul rialzo del prezzo del gas, visto il mutato scenario, hanno deciso di vendere facendo calare i prezzi ma realizzando al contempo i profitti potenziali accumulati.

Ma quali sono i diversi schieramenti che l’Unione Europea sta cercando di mettere d’accordo per arrivare a un’intesa sul price cap? Tra i paesi favorevoli all’introduzione della misura c’è l’Italia, che ha inviato una lettera in cui chiede a Bruxelles di trovare al più presto un’intesa. La lettera è stata sottoscritta da altri dodici Paesi: Spagna, Polonia, Grecia, Belgio, Malta, Lituania, Lettonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Croazia e Romania. La Germania, che ha varato uno scudo da 200 miliardi di euro per aiutare famiglie e imprese, continua a opporsi all’adozione di un tetto comunitario al prezzo del gas, sia perché è maggiormente dipendente dal metano russo, sia perché il price cap potrebbe indurre i paesi produttori a dirottare il gas verso paesi dove i prezzi sono più alti.

La Commissione Europea di fronte a questa divergenza ha proposto un compromesso: introdurre un tetto solo al prezzo del gas usato per generare elettricità. La proposta verrà discussa al vertice informale al prossimo Consiglio europeo di ottobre. Ma se si vuole realmente fermare la corsa dei prezzi dell’energia è necessario stabilire un tetto da imporre ai produttori, compresa la Norvegia, paese amico che ha realizzato sovraprofitti di miliardi di euro. Soltanto l’Unione Europea, con 337 miliardi di metri cubi di importazioni nel 2021, ha il potere di mercato necessario ad imporre un prezzo massimo ai produttori di gas.

*Già docente di Politica economica presso l’Università Sapienza di Roma, si occupa di economia internazionale, soprattutto in relazione al Mediterraneo

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