Mentre i 27 restano divisi su un vero e proprio price cap al gas caldeggiato da 15 Paesi tra cui l’Italia e sull’emissione di nuovo debito comune per contrastare la crisi energetica, Bruxelles punta perlomeno a slegare l’andamento del prezzo dell’elettricità da quello del metano: il cosiddetto “decoupling”. Sul modello di quanto sta già avvenendo in Spagna. “Siamo pronti a discutere un tetto al prezzo del gas utilizzato per generare elettricità. Sarebbe anche un primo passo verso una riforma strutturale del mercato”, ha detto Ursula con der Leyen in vista del vertice informale dei leader europei a Praga (durante il quale l’Italia presenterà una proposta di “indice a forchetta” per il gas europeo da usare al posto delle quotazioni del Ttf). Le parola della presidente della Commissione confermano i contenuti del non paper che venerdì scorso ha avuto il via libera dei ministri dell’Energia. Il differenziale di costo tra il tetto e i prezzi di mercato sarebbe a carico del sistema elettrico degli Stati membri.

L’obiettivo è appunto quello di attenuare l’influenza dei prezzi elevati del gas sulla formazione di quelli dell’elettricità: oggi si formano sulla base del costo di quella “marginale“, prodotta dagli impianti che entrano in funzione per colmare eventuali gap rispetto alla domanda. Sono proprio le centrali a gas, materia prima le cui quotazioni sono esplose. Il risultato è che il costo finale di tutta l’energia elettrica, compresa quella prodotta da impianti rinnovabili che hanno in realtà costi molto bassi, è altissimo. Di qui le proposte della Commissione, che vuole imporre un tetto ai ricavi delle imprese che producono elettricità da fonti non fossili e un contributo di solidarietà a carico delle imprese petrolifere e del gas. A questo si aggiungerebbe appunto il tetto al prezzo del solo gas usato nelle centrali.

L’idea è ritenuta poco efficace dal think tank Bruegel, che in un’analisi del 29 settembre sottolineava come in Spagna – il cui governo ha potuto muoversi da solo grazie alla cosiddetta “eccezione iberica – la mossa abbia incentivato il consumo di gas. “Una applicazione generalizzata di questo approccio nella Ue”, dunque, “probabilmente aumenterebbe i prezzi del gas, a danno dei consumatori industriali che usano il gas come materia prima e non attraverso l’elettricità”. A subirne le conseguenze sarebbero le imprese energivore. Non solo: questo approccio rischia di alimentare “l’export di energia sussidiata verso Paesi che non pagano il sussidio”. Per evitare questo problema, “tutti i Paesi dovrebbero avere livelli di sussidi simili. Ma sarà così?”, si chiede il ricercatore italiano Simone Tagliapietra, analista del think tank Bruegel e docente all’università Cattolica, su Twitter. “Quali sono le ripercussioni fiscali? Un approccio “whatever it caps” non risolverà la crisi”.

Del resto secondo il Bruegel tutte le ipotesi di tetto “comportano rischi significativi”: quello al solo gas proveniente da Mosca “potrebbe portare all’arresto completo del gas russo nell’Ue” e imporlo a tutto il gas all’ingrosso “potrebbe aumentare la domanda di gas e anche minare la capacità dell’Europa di attrarre forniture di gas tanto necessarie”. “Invece di limitare i prezzi del gas, l’Ue dovrebbe impegnarsi collettivamente con i fornitori esterni di gas e negoziare nuovi contratti a lungo termine con disposizioni volte a limitare la volatilità dei prezzi”, afferma lo studio.

Molti dubbi sono stati espressi dagli analisti anche sull’efficacia del price cap al petrolio russo su cui hanno concordato nella notte i Rappresentanti dei Paesi membri riuniti nel Coreper, che apre la strada al divieto alle navi di trasporto europee di consegnare greggio russo venduto a prezzi superiori a un certo livello.

Von der Leyen ha parlato comunque anche della necessità di rafforzare gli acquisti congiunti: “Rafforzeremo anche la nostra piattaforma Energy. Questo è nel nostro interesse collettivo. Dobbiamo evitare uno scenario in cui gli Stati membri tornano a fare offerte più alte sui mercati mondiali e fanno salire i prezzi per l’Europa”.

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