Ha ottenuto la riabilitazione ma non si potrà comunque candidare. Almeno per il momento. Esulta a metà Salvatore Cuffaro, l’ex governatore della Sicilia condannato a sette anni di carcere per favoreggiamento alla mafia. Detenuto tra il 2011 e il 2015, dopo sette anni dalla scarcerazione l’ex presidente incassa la riabilitazione dal tribunale di sorveglianza di Palermo. A comunicarlo è stato lo stesso Cuffaro in un’intervista al sito livesicilia.it.

La riabilitazione fa cessare gli effetti penali della condanna, ma l’ex governatore – che è da tempo tornato a fare politica con un suo partito, la Dc nuova – non potrà candidarsi comunque visto che era stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La legge Spazzacorrotti, infatti, prevede che dovranno trascorrere 7 anni dal provvedimento di riabilitazione perchè si estingua la pena accessoria dell’interdizione perpetua, quando il condannato “abbia dato prova effettiva e costante di buona condotta”. Contro il provvedimento del tribunale di sorveglianza presenterà opposizione il legale di Cuffaro, l’avvocato Marcello Montalbano, secondo il quale all’ex governatore non si sarebbe dovuta applicare la “spazzacorrotti“.

Secondo i giudici del tribunale di sorveglianza, oltre ad aver scontato la pena, Cuffaro, “ha ritenuto di manifestare pubblicamente la presa di distanza dal fenomeno mafioso, dichiarando che la mafia è una cosa che fa schifo. Lo contìnuo a dire perché quando l’ho detto qualcuno ha riso sopra, ma la mafia fa schifo ed è il più grande cancro che abbiamo in Sicilià”. Il riferimento è per una delle prime dichiarazioni dell’ex governatore, dopo il rilascio. Cuffaro, inoltre, ha allegato alla sua istanza “una notevole mole di documenti da cui – secondo i giudici – emerge un’importante e continuativa dedizione ad attività di volontariato e partecipazione a numerose iniziative legalitarie in difesa dei diritto dei detenuti”.

I magistrati citano i viaggi di Cuffaro in Burundi, presso l’ospedale “Cimpaye Sicilia”, dove ha messo “a disposizione della comunità locale le proprie capacità organizzative e sanitarie al fine di favorire un più ampio progetto di assistenza e le raccolte fondi finalizzate alla realizzazione di progetti di sviluppo nel Burundi e nel Niger”. E ancora l’ex uomo forte dell’Udc di Casini, secondo i giudici, ha “scritto tre romanzi col dichiarato intento di devolvere i proventi delle vendite a sostegno dello sviluppo di progetti di recupero a vantaggio dei detenuti nonché per la cura della sclerosi multipla“. Infine il tribunale dà atto all’ex governatore di aver pagato tutte le spese processuali e di mantenimento in carcere e di aver versato alla Regione Sicilia i 158.338 euro a titolo risarcitorio che gli aveva imposto la Corte dei Conti.

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