“La richiesta della Lega è un ministero di peso per Salvini”. Lo ha detto il leghista Riccardo Molinari all’uscita dal consiglio federale a Milano. Un avviso per la Meloni? “No, un’ovvia richiesta visto che siamo il secondo partito della coalizione” risponde Molinari che poi però, alla domanda su che cosa succederà in caso di rifiuto, risponde così: “Credo che convenga a tutti che venga esaudita”. L’ex capogruppo alla Camera del Carroccio è stato l’unico “big” a parlare al termine della riunione. Un confronto “costruttivo” durato però quasi quattro ore durante il quale, secondo una nota della Lega, è emerso il “rammarico per la percentuale raggiunta” e la “soddisfazione per i 95 parlamentari eletti”.

L’eco della doppia cifra mancata e del doppiaggio subìto in diverse regioni chiave del Nord si fa ancora sentire. Lo testimoniano le parole dell’ex governatore lombardo Roberto Maroni e di Umberto Bossi. Il fondatore del Carroccio non ha partecipato al federale ma poco prima dell’inizio ha voluto farsi sentire dichiarando all’Adnkronos che “Il popolo del Nord esprime un messaggio chiaro e inequivocabile che non può non essere ascoltato”. E proprio per questo in via Bellerio sono arrivati anche i governatori del Veneto Luca Zaia e del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Il primo ha evitato i giornalisti mentre il secondo si è limitato a rispondere affermativamente alla domanda “Salvini sì o Salvini no”. A meno di 48 ore dal voto, la discussione interna alla Lega è solo all’inizio e la settimana prossima è stato convocato un altro consiglio federale ufficialmente “per costruire insieme il governo di centrodestra”.

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