La Banca centrale europea “si attende di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nelle prossime riunioni per frenare la domanda e mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative d’inflazione”. È quanto si legge nel nuovo bollettino economico della Bce la cui pubblicazione segue il rialzo dei tassi da 0,75% deciso a inizio settembre. L’indicazione segue nuove valutazioni sull’inflazione che “è probabile che si mantenga su un livello superiore all’obiettivo per un prolungato periodo di tempo”. Francoforte ha rivisto al rialzo delle proiezioni sul carovita portandole all’8,1% nel 2022, al 5,5 nel 2023 e al 2,3 nel 2024. “Gli indicatori ricavati dai mercati suggeriscono che, nel breve periodo, i prezzi del petrolio scenderanno, mentre quelli all’ingrosso del gas si manterranno su livelli straordinariamente elevati“, spiega il bollettino dove si precisa altresì che “L’inflazione dei beni alimentari è cresciuta sensibilmente, dal 9,8 al 10,6% tra luglio e agosto, spinta al rialzo dalle quotazioni mondiali delle materie prime alimentari e dall’aumento dei loro prezzi alla produzione nell’area dell’euro”.

A questo punto i mercati scommettono su 225 punti base di ulteriore stretta monetaria entro giugno, con il tasso sui depositi fissato dalla Bce che raggiungerebbe così il 3% dall’attuale 0,75%.
Lo scrive l’agenzia Bloomberg sulla base dei dati ottenuti incrociando i contratti swap con le date dei prossimi meeting del Consiglio direttivo della banca centrale. Il drastico aumento della stretta prevista dai mercati – nella Bce ufficialmente si discute se il tasso “terminale” dove la Bce intende fermarsi debba essere o meno il 2% – fa seguito alla decisione della Fed ieri di alzare di altri 75 punti base. Pesano anche le attese di ulteriori rincari del gas dopo l’escalation della guerra in Ucraina annunciata da Putin.

La stretta monetaria avviene in una fase di rallentamento della crescita economica che il rialzo dei tassi è verosimilmente destinato ad acuire. “Dopo il recupero osservato nella prima metà del 2022 i dati recenti indicano un considerevole rallentamento della crescita nell’area dell’euro, con l’economia che dovrebbe ristagnare nel prosieguo dell’anno e nel primo trimestre del 2023″. Si legge nel bollettino economico. Secondo la Bce “vi sono chiari segnali di un protratto rallentamento dell’attività economica in un contesto di elevata inflazione e perdurante incertezza collegate alla guerra in Ucraina e agli andamenti connessi all’energia”. “La Bce deve continuare ad alzare i tassi di interesse perché l’inflazione continua ad essere troppo alta, anche se l’economia europea è vista stagnante”, ha affermato oggi Isabel Schnabel, membro tedesco del comitato esecutivo della banca centrale.

“Alla luce del deterioramento delle prospettive economiche e delle attuali pressioni inflazionistiche, è probabile che la capacità di tenuta delle imprese dipenda anche dal perdurare del sostegno fornito dalle politiche economiche, in particolare da quello offerto dalle autorità di bilancio“. La Bce tuttavia incoraggia l’inversione di tendenza rispetto ai sostegni “a pioggia” della pandemia. “Le misure di sostegno di bilancio volte ad attutire l’impatto dei rincari dell’energia dovrebbero essere temporanee e indirizzate alle famiglie e alle imprese più vulnerabili, in modo da limitare il rischio di alimentare pressioni inflazionistiche, migliorare l’efficienza della spesa pubblica e preservare la sostenibilità del debito”.

Le altre banche centrali – Questa mattina la Bank of England (BoE) ha annunciato un ulteriore rialzo dei tassi d’interesse nel Regno Unito, il settimo di fila, portandoli dall’1,75% deciso il 4 agosto al 2,25%: con un incremento di mezzo preannunciato implicitamente dallo stesso governatore Andrew Bailey sulla scia del rialzo della Fed americana, ma segna comunque un record sui tassi da diversi anni. Sulla decisione pesano l’allarme di un’inflazione a due cifre nel Regno Unito. Si è mossa pure la Banca centrale svizzera che ha deciso di alzare i tassi di 75 punti, leggermente meno delle attese. I tassi svizzeri tornano così in positivo per la prima volta dopo 8 anni. Il presidente Thomas Jordan ha precisato che non sono esclusi ulteriori aumenti nei prossimi mesi. Continua invece a muoversi controcorrente la banca centrale della Turchia, nonostante un’inflazione ormai oltre l’80%. L’istituto centrale ha deciso una nuova riduzione dei tassi portandoli al 12,5% spingendo la lira ad un nuovo minimo storico.

La Bank of Japan ha invece deciso di di mantenere i tassi fermi a livelli molto bassi spingendo lo yen ai minimi dal 1998. La valuta nipponica ha perso il 20% da inizio anno. Il ministero delle Finanze giapponese ha confermato l’intervento svolto sul mercato valutario per tentare di arginare l’eccessivo indebolimento della valuta. Si tratta della prima decisione a questo riguardo dal giugno del 1998.

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