Con l’aggravarsi della situazione militare, il sostegno a Vladimir Putin, sia tra il popolo che tra le élite, inizia a essere meno saldo e il recente ritiro delle truppe russe nella regione di Kharkiv ha messo in allerta non solo il comando russo, ma anche i cosiddetti “ultra-patrioti”. I nazionalisti, gli imperialisti, gli eurasiatici e altri radicali di destra hanno fornito la spinta maggiore al regime russo a intraprendere questa guerra, ma ora anche loro giudicano ciò che sta accadendo al fronte come una catastrofe e un tradimento. La loro principale recriminazione nei confronti dell’attuale governo è che questo finge che tutto stia andando secondo i piani, quasi come se non ci fosse alcuna guerra.

Il fianco destro – Dopo sei mesi di guerra, si può affermare che l’opposizione di sinistra come forza politica organizzata non esista più in Russia. Un recente tentativo da parte dei deputati municipali di San Pietroburgo di destituire il presidente ha finora portato solo all’avvio di procedimenti amministrativi contro di loro e allo scioglimento del loro consiglio. Paradossalmente, ora il posto dell’opposizione può essere occupato dai movimenti di destra.

Non è la prima volta che si assiste a episodi del genere durante la presidenza Putin. Ad esempio, negli anni 2000, quando il giovane governo del leader del Cremlino eseguiva le epurazioni tra i nazionalisti, allora considerati i più pericolosi. Nonostante ultimamente le autorità russe sembrino reprimere in particolar modo i movimenti liberali, la maggioranza dei prigionieri politici del regime di Putin sono proprio nazionalisti russi. Alcuni di loro si sono rifiutati di collaborare con le autorità e sono finiti in carcere, mentre altri sono rimasti a galla e si sono persino integrati nel sistema. Come, per esempio, lo scrittore e deputato della Duma di Stato Zakhar Prilepin o il politologo Alexander Dugin.

Agli ultra-patrioti appartengono anche nostalgici imperialisti di vario genere. Qui ci sono sia i sostenitori della restaurazione dell’Urss che quelli che sognano il ritorno dell’Impero russo. Molte tra queste persone non provano simpatia per Putin, ma lo considerano uno strumento nelle mani della storia che a suo modo restaura la grande Russia del passato. Il rappresentante più famoso di questo gruppo è il monarchico e comandante militare Strelkov (vero nome Girkin), un partecipante attivo al conflitto armato nel Donbass del 2014.

Tutte queste sono persone di idee e di principio ed è da loro che il Cremlino ha preso in prestito l’ideologia per questa guerra, proprio perché la Presidenza, su questo, non ha un’ideologia definita. Anzi, si sbarazza continuamente di persone appassionate e ideologicamente cariche, non permettendo a nessuno di acquisire forza politica, nemmeno al partito nazional-patriottico Rodina che Putin aveva creato con le sue stesse mani.

“Il gruppo dirigente che ora è al potere in Russia ha molta paura di qualsiasi iniziativa, anche lealista. Tutto ciò che non controlla per è considerato una potenziale minaccia“, spiega a Ilfattoquotidiano.it Valery Solovei, politologo studioso di nazionalismi russi ed ex professore all’Istituto statale di Mosca per le Relazioni Internazionali etichettato da Mosca come “agente straniero” che in passato si è fatto conoscere anche per previsioni, alcune rivelatesi però errate, sulla tenuta della leadership di Vladimir Putin. “Le autorità russe non tollerano l’opinione pubblica. Putin non può fare nulla sotto pressione. Se qualcuno cerca di fargli pressione, parlando a nome della società, questo è assolutamente intollerabile per lui. Non importa chi sta cercando di guidare questa opinione pubblica, le autorità faranno di tutto per neutralizzare queste persone”.

Ecco perché anche i leader di destra sono stati oggetto di repressione. I più pragmatici sono diventati “patrioti a libro paga”: molti di loro sono legati ai fondi pubblici e sono stati a lungo sotto il controllo dell’Fsb, il servizio segreto di Mosca. Gli è stata data una piattaforma da cui svolgono attività politica e attraggono il loro elettorato verso il Cremlino, usando il loro radicalismo per far apparire Putin come un leader equilibrato. Secondo la stessa logica, fin dall’inizio della guerra, in Russia è stato vietato anche il sostegno della guerra non autorizzato, arrestando pure per slogan che coincidevano con quelli ufficiali. Perché in Russia nulla che venga “dal basso” in modo indipendente è benvenuto, anche se è patriottismo.

Gli ultra-patrioti – In un modo o nell’altro, molti sostenitori dei movimenti di opposizione in Russia hanno opinioni estremamente radicali nei confronti dell’Ucraina (secondo Solovei rappresentano dal 10% al 17% della popolazione). Le loro opinioni coincidevano con l’attuale retorica del governo russo e hanno fornito la base ideologica per le sue azioni. “Certo, queste persone esistevano anche prima della guerra, semplicemente non avevano accesso allo spazio pubblico – continua Solovei – La guerra ha appunto liberato questo spazio per loro”. Su Telegram è apparsa una rete di “corrispondenti di guerra” e di canali ultra-patriottici, detti “canali Z”, che, spiega il politologo, sono in parte finanziati dall’amministrazione presidenziale. Ora questo strumento minaccia di rivoltarsi contro le stesse autorità perché lo hanno consegnato nelle mani di persone che hanno preso questa guerra molto sul serio.

Per queste persone, l’invasione dell’Ucraina è un passo verso il ripristino della verità storica e la battaglia finale con l’Occidente. Pertanto, ora stanno criticando le azioni dell’esercito russo e, soprattutto, chiedono una mobilitazione generale e il rafforzamento del totalitarismo per affrontare il nemico euro-atlantico. Così, Girkin offre a Putin di “scegliere una sedia” tra quelle che stanno “scivolando fuori da sotto il suo culo” da anni e “iniziare a combattere per davvero”.

Dopo l’omicidio di Darya Dugina, il padre ha invocato ancora una volta per la radicalizzazione di questa guerra: “Per i primi 6 mesi, siamo stati in grado di condurre l’operazione militare speciale senza cambiare sostanzialmente nulla stessa Russia – ha dichiarato – Le autorità sono abituate a governare nel modo in cui governano per 22 anni. Ma quel periodo è passato. L’operazione speciale ha già cambiato tutto.” Dugin ricordava che i cambiamenti conservatori-rivoluzionari sono inevitabili e “dovremo andare fino in fondo”.

Punto di svolta – A settembre le truppe russe sono state duramente sconfitte nella regione di Kharkiv. Dopo diversi giorni di silenzio il ministero della Difesa ha riconosciuto la ritirata, pur definendola un “riarrangiamento di truppe”. I canali statali russi ne hanno parlato poco, cercando di interrompere l’argomento con le notizie sulle perdite dalla parte ucraina. Un analista, che in uno dei talk show ha lasciato intendere che l’Ucraina “è assolutamente impossibile da sconfiggere con le risorse con cui la Russia cerca di combattere”, ossia con le modalità di una guerra coloniale, senza mobilitazione, è stato subito interrotto e invitato a seguire la retorica.

Allo stesso tempo, nei canali patriottici su Telegram il tono prevalente è la delusione. La parola “tradimento” appare sempre più spesso. I traditori e i responsabili di “aver dato l’iniziativa al nemico” sono ricercati a tutti i livelli. Ci sono proposte per militarizzare la politica, l’economia e l’industria, avviare bombardamenti a tappeto delle città ucraine, lanciare massicci attacchi a Kiev e persino usare armi nucleari tattiche. “O vinciamo, o noi come popolo non esisteremo più”, dichiarano in più canali Z. Girkin, in completa frustrazione, propone di cedere agli ucraini anche alcune aree della regione di Belgorod. Le persone che “hanno investito moralmente, psicologicamente e ideologicamente” ora si sentono umiliate, dice Solovei.

Alcuni, come l’attivista ortodosso e editorialista di RT Yegor Kholmogorov, invocano epurazioni, altri consigliano direttamente di “fucilare i colpevoli”. Ma soprattutto, ovunque si sentono aspre critiche al governo russo, e persino il ministro della Difesa Serghej Shoigu e lo stesso Putin sono accusati di “irresponsabilità criminale”, codardia e tradimento. Il presidente è incolpato di aver perso il contatto con la realtà e di mandare al macello i ragazzi delle regioni più remote proteggendo gli abitanti delle grandi città.

Il giornalista e politologo Aleksey Chadaev riassume: “Putin è rimasto troppo a lungo. Già il terzo mandato era di troppo, ma ora è una specie di follia totale”. La sconfitta della Russia “porterà all’inevitabile morte dello Stato stesso. Anche gli ultra-patrioti gli volteranno le spalle”, scrive il canale Figli della monarchia.

“Finora, questa è più una minaccia verbale che reale. Ma qui molto dipende da come si svilupperanno le operazioni militari”, pensa Solovei. Al potere ci sono quelli che vogliono in qualche modo porre fine alla guerra il prima possibile perché capiscono che la prosecuzione è irta di conseguenze troppo gravi. Ma ci sono anche i cosiddetti ‘falchi‘ che credono che fin dall’inizio fosse necessario condurre una guerra in modo più deciso. Tra questi l’amico forse più intimo del presidente, Yuri Kovalchuk, e uno dei suoi colleghi più influenti, il capo del Consiglio di sicurezza Nikolai Patrushev. “Potrebbe iniziare la frammentazione interna e i falchi potrebbero, ad esempio, stimolare i radicali di destra a manifestazioni e proteste”, suggerisce il politologo. In generale, secondo lui, il clima tra il presidente e lo Stato maggiore si sta scaldando sempre di più. I militari sanno che saranno ritenuti responsabili, anche se credono che il vero colpevole della sconfitta strategica sia il presidente che ha preso le decisioni sbagliate o non ha preso quelle giuste. Ad esempio, sulla mobilitazione generale su cui hanno molto insistito.

In questo contesto, le parole del leader ceceno Ramzan Kadyrov secondo cui nel ministero della Difesa “sono stati commessi degli errori” e le sue minacce di “spiegare la situazione al governo del Paese” possono sembrare simili alla retorica dei falchi o degli ultra-patrioti. Ma Solovei spiega: “Un osservatore esterno può vedere una sorta di connessione, ma per coloro che capiscono cosa sta succedendo in Russia qui non c’è connessione, né organizzativa né ideologica. I ‘patrioti’ non considerano Kadyrov un alleato, ma un compagno di viaggio con il quale si sono trovati sulla stessa strada per la vittoria.”

Il Giorno della Città – Nel frattempo, ciò che sta accadendo non sembra colpire la maggior parte della popolazione russa. La maggioranza di elettori che Putin sta cercando di proteggerlo da qualsiasi opposizione. Putin non può permettere che, nelle parole del politologo russo Andrei Kolesnikov, “le truppe da divano si trasformino nelle truppe vere”, quindi non solo non lancia una mobilitazione generale, ma, al contrario, restituisce programmi di intrattenimento ai russi in televisione e organizza un pomposa festa della città per i moscoviti.

Lo scorso fine settimana, in occasione del Giorno della Città a Mosca, è stato organizzato uno spettacolo pirotecnico su larga scala ed è stata lanciata la ruota panoramica “più alta d’Europa”, alla cui inaugurazione è venuto personalmente Putin. Gli ultra-patrioti sono stati feriti nei loro migliori sentimenti: il progetto della grande Russia va in fumo mentre il presidente presenta una giostra. Alcuni hanno tracciato un parallelo con Nicola II che il giorno della sua incoronazione, nonostante la morte di diverse migliaia di persone a causa di una fuga precipitosa di massa, non annullò comunque il ballo serale.

In fin dei conti, la diagnosi dei patrioti è che Putin non può condurre una guerra totale. Nel frattempo, gli appelli alla calma stanno già arrivando da propagandisti come Margarita Simonyan e dal portavoce del presidente Dmitry Peskov. All’inizio di questa settimana, Peskov ha affermato che il Cremlino non sta considerando di dichiarare una mobilitazione su vasta scala e ha parlato a coloro che criticano il ministero della Difesa: “Fintanto che i punti di vista critici rimangono nell’ambito della legge sono pluralismo, ma il confine è molto labile e qui bisogna essere molto attenti“.

Una nuova opposizione – Davanti ai nostri occhi, durante i sei mesi di guerra, gli ultra-patrioti sono riusciti a passare dall’entusiasmo alla delusione e poi alle accuse di tradimento, nota Solovei. Ora i sostenitori della guerra fino alla morte rischiano di trasformarsi nei più pericolosi nemici del regime. Pertanto, molto presto saranno costretti a smetterla con le affermazioni allarmistiche e le accuse di tradimento. “Per evitare la reazione di queste persone, le autorità dovranno fare come con l’opposizione liberale – ricorda il politologo – Quando Navalny è stato imprigionato e la sua squadra è stata dispersa, gli oppositori hanno perso il loro leader e le loro infrastrutture. Lo stesso si può fare con gli ultra-patrioti. Il governo russo sa bene come farlo con qualsiasi segmento ideologico e politico”.

Dugin può certo scrivere che “l’operazione speciale ora è più importante del potere”. Di per sé, la critica e l’insoddisfazione, se non escono dai social network, non rappresentano un pericolo dal punto di vista delle autorità. Un’altra domanda è quando le persone torneranno dai vari fronti, armate e con la sensazione di essere state tradite. “Le autorità temono che i portavoce del movimento di estrema destra possano diventare leader per i militari che subiranno una sconfitta e riterranno di essere stati pugnalati alle spalle – dice Solovei – Non è il malcontento in sé a spaventare le autorità, ma la sua potenziale alleanza con i militari. Questo sì che le spaventa”.

Intanto, la ruota panoramica più alta d’Europa ha cominciato a guastarsi subito dopo il lancio ed è stata chiusa il giorno successivo per problemi tecnici.

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