Venezia? Bella ma non ci giocherei. Si potrebbe riassumere così, con una piccola variazione sul più noto “non ci vivrei”, l’ennesima tegola caduta sulla città lagunare. A farne le spese, questa volta, sono le squadre di calcio amatoriale, messe di fronte a un bivio: spostare il proprio campo di gioco in terraferma o non partecipare al campionato. Ha scatenato un piccolo putiferio, nel capoluogo veneto, la decisione della Lega Calcio Amatori Mestre-Venezia, che per la stagione 2022-2023 alle porte ha posto il veto sui campi di Venezia e delle isole, dando seguito alle richieste della maggior parte delle altre squadre. Naturalmente tutte dell’entroterra veneziano. Troppo scomode le trasferte in laguna. E troppo costosi i trasporti. Un’esclusione che in tanti, tra gli sportivi veneziani, vivono come una “discriminazione”. Oltre che come un campanello d’allarme facilmente replicabile in altri ambiti, dai campionati giovanili agli altri sport.

“È con grande rammarico che la Lega Calcio deve prendere la decisione di non accettare più come sedi di gara per il prossimo campionato i campi situati in laguna”. Queste le prime righe del comunicato uscito lo scorso luglio relativamente alla programmazione del prossimo campionato provinciale, che solo in questi giorni ha scatenato un polverone sulla stampa locale. “Siamo consapevoli – continua il testo della Lega Calcio, presieduta da Gianni Curreli – che questa decisione va a penalizzare le squadre di Venezia ma gli alti costi del trasporto lagunare e l’impossibilità di molte squadre di poter schierare sui campi in laguna formazioni competitive, unitamente alla difficoltà di poter tesserare nuove squadre non disponibili alle trasferte a Venezia, ci inducono a questa sofferta decisione”. Un aut aut esplicito per quattro realtà amatoriali veneziane: Asd Venezia 2007, Amatori Lido, Calcio Venezia, Stella Rossa Venezia. Squadre abituate a fare il tragitto inverso, dalla laguna alla terraferma, ben più spesso di quelle non più disponibili a giocare a Venezia.

I campi in questione sono di fatto al Lido e a Murano, isole che il lunedì sera – quando si disputano le partite del campionato Acli e Uisp – per molti rappresentano una meta ardua da raggiungere, dopo il lavoro, da Mestre e in generale dall’hinterland veneziano. Ecco perché, dopo anni di lamentele, la Lega Calcio ha deciso di accontentare le squadre della terraferma. Provocando però l’intervento di alcuni esponenti delle istituzioni locali. Dal vicesindaco di Venezia (con delega allo sport) Andrea Tomaello al consigliere comunale della Lega Nicola Gervasutti, che per tutta risposta propone di costituire “un girone ad hoc solo per le squadre della laguna”. Otto il numero minimo di squadre per dar vita a un girone.

Tra chi si è visto penalizzato dalla svolta, alcuni hanno deciso di spostare il terreno di casa a Mestre pur di continuare a giocare e altri hanno virato sul campionato di calcio a otto. C’è però chi non ha intenzione di cedere: è la Stella Rossa Venezia, realtà nata nel 2011 con base al Lido di Venezia. “Vogliamo tenere il punto, se questa è la decisione non giochiamo”, racconta a ilfattoquotidiano.it Tommaso Vianello, capitano della Srv. “Abbiamo più volte dato disponibilità a giocare qualche partita in campo neutro per venire incontro alle squadre più in difficoltà, ma non possiamo accettare che si taglino fuori del tutto i campi veneziani”. “Per noi lo sport è socialità e aggregazione – continua Vianello – Non si può accettare che tutto questo a Venezia non sia possibile”. Polisportiva (oltre al calcio ci sono basket e pallavolo) dallo spirito ribelle, la Stella Rossa Venezia è per dna radicata in laguna. Città dove, “fino a non molti anni fa, si giocava a pallone in ogni campo”. Inteso non come campo sportivo, ma proprio come campo, che a Venezia indica l’equivalente della piazza.

Il problema degli spazi sportivi in laguna, d’altronde, è ben conosciuto dai veneziani. In un quadro generale sempre più desolante per la Città storica, scesa sotto quota 50mila abitanti poche settimane fa: dalla carenza di medici ai rifiuti di magistrati e personale amministrativo a trasferirsi a Venezia, considerata “città disagiata”. Per non parlare delle difficoltà delle isole, dove a volte si fatica a formare classi scolastiche. In questo quadro, la reazione del capitano della Stella Rossa alla decisione della Lega Calcio, neanche a dirlo, è stata di “rabbia”. “Se togliamo anche lo sport significa che a Venezia resta ben poco”, è l’amara constatazione di Vianello, che lancia un appello a metà tra la proposta e la provocazione. “Vorremmo organizzare un torneo con le squadre che vorranno anche solo una volta all’anno venire al Lido: ci rivolgiamo alle realtà italiane del calcio popolare, in primis i fiorentini del Centro Storico Lebowski. Ma non solo: anche le squadre di Terza Categoria o di altri campionati sono ben accette”. Dalla città-museo il grido di dolore è stato lanciato. Chissà se verrà raccolto efficacemente.

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