In una campagna elettorale che è un lungo viaggio tra un’ossessione e l’altra, il tema di oggi è… Tony Blair. È bastato un tweet di Enrico Letta in cui si cita l’ex primo ministro inglese, simbolo della svolta capitalista del Labour, per accendere la polemica social tra l’ala sinistra dei dem e i liberisti fuoriusciti verso Italia viva e Azione. “Il programma del Pd supera finalmente il Jobs Act, sul modello di quanto fatto in Spagna contro il lavoro povero e precario. Il blairismo è archiviato. In tutta Europa sono rimasti solo Renzi e Calenda ad agitarlo come un feticcio ideologico”, ha scritto Letta citando una sua intervista al Manifesto, in quello che appare come un tentativo di riposizionamento a sinistra dopo un inizio di campagna tutto sbilanciato al centro (e culminato nell’accordo, poi abortito, proprio con Azione di Carlo Calenda). Dimenticando, peraltro, di aver sponsorizzato lui stesso la legge renziana sul lavoro ai tempi in cui era premier, spingendo per una sua rapida approvazione.

Anche questo timido accenno, però, basta per scatenare i contro-tweet dei blairiani italiani. “Enrico Letta è ossessionato da noi: ogni giorno un attacco. Oggi ha detto che lui, Di Maio e Fratoianni archivieranno Blair, dopo aver abolito la povertà col reddito di cittadinanza. Chi gli vuole bene, gli stia vicino”, reagisce Matteo Renzi. Offensiva a cui dal Pd replicano (in anonimo): “Parole che confermano una dissociazione dalla realtà. Renzi e i suoi pretoriani, che hanno dovuto regalare il simbolo a Calenda pur di entrare in tre o quattro in Parlamento, sono rimasti fermi ai tempi del pizza e birra con Blair per darsi un tono riformista. Il Jobs Act è del 2015, un’era geologica fa. Dopo c’è stata la più grave crisi di sistema dal 1945″.

Anche Carlo Calenda attacca piccato il leader del suo ex partito: “Sulla stagione di Blair e Clinton ho un pensiero un poco più articolato di così. Ti mando “Orizzonti selvaggi” (un suo libro, ndr). Il blairismo è stato archiviato dopo aver fatto molte cose buone e alcuni errori molto gravi. Il corbynismo (la corrente laburista radicale del segretario Jeremy Corbyn, ndr) è morto prima di esistere. Come il campo largo”. Ettore Rosato invece allarga il raggio dell’indignazione: “Archiviano Blair, commemorano la rivoluzione bolscevica del 1917 e fanno i manifesti rosso contro nero. È il nuovo Pd di Letta e Speranza, quello dei lavoratori contrapposti ai padroni, del pubblico contro il privato, del no alle infrastrutture“.

Accanto al segretario si schiera il ministro del Lavoro Andrea Orlando: “Blair si è archiviato da solo con la disastrosa guerra in Iraq. I rapporti della sinistra italiana con l’Urss li ha archiviati Berlinguer. Tutto il resto è noia”, scrive. A fare un fact-checking del tweet di Letta però è la ricercatrice Marta Fana, voce autorevole sulle politiche del lavoro: “La parola Jobs Act e isuoi contenuti principali non appaiono mai nel pdf del programma elettorale del Pd. Su lavoro ci sono molte supercazzole e un po’ di contraddizioni”, fa notare. E la candidata di Azione Giulia Pastorella affonda postando un vecchio titolo di Repubblica in cui Letta, allora premier, si impegnava a far approvare il Jobs Act “entro l’estate”: “Ci puoi spiegare perché, se la stagione del Jobs Act e del blairismo è finita, voi del Pd avete deciso di ricandidare gente come Enrico Letta che in passato ne ha fatto una bandiera?”.

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