Ad un anno dal ritorno dei talebani a Kabul, la situazione umanitaria in cui versa il Paese è catastrofica. Secondo Emergency, l’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada e presente in Afghanistan da oltre 20 anni, più di 23 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare e almeno il 59 per cento necessita di assistenza umanitaria. “Sono sei milioni di persone in più rispetto al 2021”. Dopo oltre 40 anni di guerra, isolamento politico ed economico dovuto alle sanzioni internazionali e al congelamento delle riserve afgane all’estero, il Paese si trova in ginocchio con tassi di povertà e fame altissimi. “Con l’uscita delle forze internazionali i problemi dell’Afghanistan non sono affatto terminati – commenta Rossella Miccio, presidente di Emergency–In questo anno abbiamo continuato a vedere morti e feriti tra i civili, e una popolazione stremata dalla povertà e dalla certezza di essere stata abbandonata dalla comunità internazionale”.

Ad aggravare la fragile situazione economica di Kabul è stata la decisione della comunità internazionale di bloccare l’assistenza umanitaria da cui dipendevano le condizioni dell’intera popolazione afghana ma anche di ”congelare gli asset afghani presenti negli Stati Uniti, sono sette miliardi di dollari, e in Europa, due miliardi di dollari”. Il risultato è “un’inflazione altissima- con l’aumento del 50% dei prezzi dei cereali e del carburante- e una svalutazione importante della moneta locale. Soprattutto nei grandi centri urbani” dove “i prezzi dei beni di prima necessità si sono alzati molto” e dove “per le famiglie con un reddito medio basso diventa difficile arrivare a fine mese”. Con una “disoccupazione altissima”, le strade di Kabul che si riempiono di “bambini che chiedono l’elemosina”, le “file lunghissime alle banche per ritirare soldi o alle ong per ricevere sostegno”, una conseguenze importante segnalata da Sozza è ”l’aumento della criminalità”. Il ritorno dei talebani nella capitale afghana, dunque, ha prodotto gli effetti che ci si potava aspettare, nonostante in questi mesi, gli studenti coranici abbiano cercato in tutto e per tutto di dare un’immagine diversa, nuova, finanche moderna di sè stessi.

Le donne continuano ad essere ospiti indesiderati Secondo quanto riportato dall’agenzia Afp, combattenti talebani hanno sparato in aria oggi a Kabul per disperdere una protesta organizzata da donne. “Pane, lavoro e libertà”, è questo lo slogano urlato da circa 40 donne– molte di loro a viso scoperto- che si sono radunate questa mattina di fronte al ministero dell’Istruzione nella capitale afghana. La manifestazione è stata interrotta dai colpi d’arma sparati in aria dai miliziani talebani per disperdere la folla. Alcune delle manifestanti che sono fuggite trovando rifugio in negozi vicini, sono state raggiunte dai miliziani, che le hanno colpite con i calci dei fucili. Le donne riunite per manifestare portavano un cartello con scritto: ‘Il 15 agosto è un giorno nero.

La prova del nove per capire se veramente i talebani siano cambiati o meno è la condizione femminile. Il quadro che esce fuori dal bilancio di questo anno di governo talebano in Afghanistan– evidentemente- è desolante. Secondo un’indagine condotta a maggio e giugno dall’agenzia umanitaria Save the Children, su un campione di 1.700 ragazzi e ragazze tra i 9 e i 17 anni intervistati, oltre il 45% delle ragazze non va a scuola, rispetto al 20% dei ragazzi. Inoltre, il 26% delle adolescenti mostra segni di depressione, rispetto al 16% dei coetanei maschi. Eppure sul tema dell’ istruzione i talebani si dividono fra chi è favorevole al ritorno a scuola anche delle bambine -non solo perchè non ci sarebbe alcuna prescrizione religiosa al riguardo, ma anche perchè l’obiettivo degli studenti coranici ora è migliorare i propri rapporti con l’Occidente– e chi, ovvero la “vecchia guardia” talebana, si oppone fermamente. Nel corso di questi mesi, gli annunci sulla riapertura imminente delle scuole per le donne si sono susseguiti uno dietro l’altro, e quando sembrava si fosse vicini al grande passo, le aspettative e le speranze sono state deluse. Poco prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, infatti, il ministero dell’Educazione talebano aveva dichiarato solennemente che tutti- maschi e femmine- sarebbero stati riammessi. Ma il 23 marzo scorso, proprio il giorno in cui era prevista la riapertura, la decisione è stata revocata a causa- sembra- di un ripensamento dell’ultimo minuto del Mullah Haibatullah Akhundzada, il leader supremo dei talebani.

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