La Cina ha usato la visita della Camera americana Nancy Pelosi come “pretesto” per una possibile invasione di Taiwan e le recenti operazioni militari “hanno come obiettivo quello di cambiare lo status quo”. A dirlo è il ministro degli Esteri di Taiwan Joseph Wu, riportato dai media locali. Secondo il politico taiwanese le attività messe in campo da Pechino potrebbero essere la dimostrazione della reale volontà cinese di “procedere a un’invasione” dell’isola. Un tesi, questa che troverebbe riscontro dalle ultime notizie che arrivano da Taiwan. Secondo i media locali, infatti, l’esercito cinese avrebbe avviato esercitazioni militari a fuoco vivo, ovvero condotte con proiettili veri, nella contea meridionale di Pingtung. Sarebbero stati registrati, infatti, lanci di razzi e colpi di artiglieria verso bersagli prestabiliti.

La visita a Taiwan della speaker della camera americana Nancy Pelosi dello scorso 2 agosto, ha suscitato una reazione da parte di Pechino che è stata definita “sproporzionata” da molti, ma non da tutti. Come era prevedibile, a schierarsi al fianco dell’alleato cinese è stata subito Mosca che ha definito la mossa di Pelosi provocatoria. “La Cina sta agendo in modo legittimo per difendere la sua sovranità”, aveva tuonato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov all’indomani della visita di Pelosi. “Queste provocazioni non restano senza ripercussioni”, ha proseguito Peskov che si diceva convinto che le tensioni non si sarebbero placate placano così rapidamente. E così è stato. Ma gli echi delle manovre militari di Pechino nel mare di Taiwan si sono fatti sentire in ogni parte del mondo.

L’ultima reazione in ordine cronologico arriva dal Portogallo dove André Ventura, leader del partito di estrema destra Chega, ha fatto appello al governo affinchè prendesse una posizione su quanto sta accadendo in queste ore attorno all’isola e ha annunciato che il suo partito proporrà un voto di condanna contro Pechino. Una presa di posizione che mette in imbarazzo buona parte dell’emiciclo portoghese. Il Ministero degli esteri portoghese, infatti, sulla questione taiwanese sposa la linea ufficiale dell’ “Unica Cina”, mentre non ha proferito parola sulle esercitazioni militari condotte dalla Cina questi giorni, con conseguente polverone di polemiche. Dietro al silenzio delle istituzioni portoghesi sulle manovre cinesi attorno a Taiwan, ci sarebbe anche l’enorme dipendenza dell’economia nazionale dagli investimenti cinesi. La Cina, infatti, è il quinto Paese investitore in Portogallo e il Portogallo è il secondo Paese europeo per investimento cinese pro capite. Una presenza ingombrante quella di Pechino in Portogallo, dunque, cresciuta durante gli anni della crisi dell’euro, quando il Portogallo aveva bisogno di rilanciare la sua economia. Rilancio che è passato anche per la privatizzazione di alcune grandi aziende statali. Così i cinesi sono diventati i principali azionisti dell’ azienda elettrica portoghese, Energias de Portugal, e della compagnia di assicurazioni Fidelidade. Da qui, sono partiti una serie di investimenti a cascata in settori strategici, come quello bancario e della sanità. C’è, dunque, un filo rosso diplomatico ed economico che lega Lisbona e Pechino, in una relazione che è culminata nel 2008, quando i due Paesi hanno firmato una dichiarazione con la quale hanno rafforzato il loro partenariato strategico.

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