Dopo anni di licenziamenti e tagli ai salari, il nuovo boom di passeggeri crea una nuova consapevolezza: e ora i lavoratori degli aeroporti chiedono paghe dignitose e rispetto delle minime condizioni di lavoro. “Sfortunatamente non possiamo accogliere le date richieste. Tuttavia, possiamo offrirle il seguente periodo come alternativa”. Così Ryanair ha risposto a chi chiedeva periodi di congedo parentale ad agosto. Peccato che il congedo parentale non sia diritto “trattabile”. L’unico obbligo per il lavoratore è l’“onere del preavviso nei confronti del datore di lavoro il quale, dal canto suo, […] non ha il potere di negarglielo”. Così ha stabilito anche la Cassazione con la sentenza n.15078/2014.

Alla faccia della conciliazione tempo di lavoro/di vita, del far figli per contrastare la denatalità, è questo il modo con cui Ryanair affronta un problema che accomuna tutte le compagnie aeree, comprese quelle di bandiera: l’incapacità di gestire il traffico aereo dell’estate con la forza lavoro oggi a disposizione. A livello internazionale, dal 2019 al 2021 licenziamenti e tagli hanno fatto crollare i dipendenti del settore dai 2,93 ai 2,48 milioni: quasi 500mila in meno in soli 2 anni. L’aeroporto di Amsterdam Schiphol allo scoppio della pandemia ne ha cacciati 10mila ; Scandinavian Airlines (SAS) 500 piloti. Molti scali italiani preferirono non riassumere gli stagionali su cui negli anni precedenti avevano scaricato il peso del boom di turisti, lasciandoli a casa, disoccupati, a sperare di rientrare in qualche bonus del governo.

Oggi, con una ripresa dei flussi passeggeri più rapida e intensa del previsto, i nodi vengono al pettine. Il settore aeroportuale è sotto-organico. Le imprese cercano improbabili “pezze” dopo aver preferito disfarsi di parte della forza lavoro. A volte promettono premi economici in cambio di nuovi sacrifici. È il caso della società di vigilanza ICTS, detentrice di appalti per i controlli ai metal detector in alcuni dei principali aeroporti: offre 180€ di bonus a chi sposterà le ferie oltre il 15 settembre. Altre aziende preferiscono solo il bastone: premono su allungamento degli orari di lavoro e intensificazione dei ritmi. Il tutto a fronte di una situazione tutt’altro che di crisi: il 1 aprile di quest’anno, il Ceo di Ryanair, ha annunciato che sarebbe un fallimento se non fosse raggiunto il target di 1 miliardo di utili nel 2022.

Se nei due anni di pandemia i lavoratori hanno dovuto stringere la cinghia e sacrificarsi, oggi che la ripresa è in corso e corre rapidissima, rivendicano di poter partecipare anch’essi della “bonanza”. Da settimane sono in stato di agitazione e gli scioperi sono all’ordine del giorno. All’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi ce n’è in programma uno di 3 giorni per rivendicare aumenti di stipendio di 300€ al mese per tutto lo staff. Alla Lufthansa un sindacato tedesco chiede 350€ in più al mese in busta paga contro l’inflazione. Gli assistenti di volo della Easyjet in Spagna si battono per un +40%.

Queste lotte sono criminalizzate dalle imprese – che si calcola ogni giorno perdano 33 milioni di ricavi: a fine giugno Ryanair ha inviato una mail ai clienti, scusandosi per la cancellazione di alcuni voli e scaricandone la responsabilità sull’“inutile sciopero” dei sindacati; il presidente esecutivo di Ita Airways Altavilla ha definito “veramente idiota” lo sciopero di 4 ore indetto per domenica 17 luglio dai controllori di volo; il ministro del Turismo Garavaglia ha invocato addirittura la precettazione, sebbene impossibile a detta dello stesso garante.

Attacchi tanto più violenti quanto più gli scioperi raggiungono gli obiettivi. A Londra la low cost Jet2 ha annunciato un aumento degli stipendi dell’8% e un bonus una tantum di 1.000£ per affrontare l’aumento del costo della vita. La Norwegian Air ha aumentato del 3,7% le paghe dei piloti . Il sindacato britannico Unite ha ottenuto un aumento del 18% per il personale di bordo della Sas. I 15mila addetti alle pulizie, handling e sicurezza dell’aeroporto di Amsterdam Schiphol hanno vinto un più 5,25€ all’ora.

“C’è carenza di personale ovunque” – dice Livia Spera, segretaria generale della federazione europea dei lavoratori dei Trasporti. “Io che sono una lavoratrice, perché dovrei lavorare in aeroporto con un contratto part-time di due anni, su orari che rendono impossibile una vita sociale, con condizioni lavorative tutt’altro che buone e con un salario molto basso?”. La battaglia dei lavoratori aeroportuali è contro l’austerità di ieri, oggi e domani. È per affermare la propria centralità e imprescindibilità. È per passare dalla difesa all’attacco e conquistare migliori condizioni di lavoro e di vita. E suona come una sveglia per tutti i lavoratori. Anche negli altri settori.

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