Ci sono cose che stridono fra loro. Contraddittorie. Come la donna bionda e curata in cappotto blu che sembra una turista in mezzo alle soldatesse armate in mimetica. È la first lady ucraina Olena Zelensky fotografata dalla celebre ritrattista Annie Leibovitz e intervistata per il magazine Vogue. Con il marito, il premier ucraino Volodymyr Zelensky, si fa ritrarre in posa in un abbraccio da film. E sui social è una pioggia di critiche. È il caso, con una guerra in corso? Flavio Lucchini, artista e creatore di Vogue Italia, difende la scelta della rivista: “Bravi! Lo avrei fatto anch’io”. Oliviero Toscani, il fotografo e comunicatore irriverente, applaude: “Questo è il reportage moderno”. Per entrambi, il foto-servizio della prestigioso magazine internazionale è frutto di competenza e qualità.

Vogue, nel caso degli Zelensky, ha fatto Vogue – spiega Lucchini – belle immagini, fotografa tra le più brave e sensibili, tema di scottante attualità”. E incalza: “Sullo scoop di Vogue America dico ‘bravi’! L’avrei fatto anch’io. Come nel 1970 quando ho realizzato un intero numero di L’Uomo Vogue a New York sui neri d’America al tempo delle Black Panters. Molte edicole americane per paura non hanno messo la rivista in edicola”. Art director che ha progettato l’edizione di Vogue Italia nel 1964, Flavio Lucchini è uno che ha fatto la storia del giornalismo di moda, cultura e attualità. Non ha dubbi. Per lui questo è un atto di coraggio, studiato appositamente per creare polemica e discussione. Ma con lo stile del magazine di moda più famoso e ricercato. Che non rinuncia all’estetica nella divulgazione dei contenuti.

La posizione di chi sostiene che è un atto vergognoso e insensibile, come il politologo statunitense Ian Bremmer e di chi difende l’iniziativa di Vogue perché in linea col suo stile di comunicazione, è netta. Lucchini, che ha diretto le testate Condé Nast Italia per 17 anni, argomenta: “Letto il testo e viste le foto non ci trovo niente di scandaloso. Tutto è misurato e intimistico. Le foto sono bei ritratti nemmeno troppo crudi e tutto serve a portare l’attenzione su questa guerra assurda che spezza le famiglie e distrugge la vita normale. Loro sanno quanto la comunicazione sia importante. Soprattutto in un contesto ‘diverso’ come Vogue”.

E quel cappotto blu della lady portato con disinvoltura davanti a un mezzo militare distrutto circondato da donne soldato? “Quanto al cappotto blu – spiega – non è esagerato o fuori luogo. Trovo più scandalosa la polemica inutile che ne è scaturita del servizio giornalistico in sé. Devo però osservare che l’esaltazione della comunicazione, sui giornali e in televisione, con le distruzioni, le armi, i morti come fossero un film, non sono spettacolo ma una tragedia vera. Sono nato nel 1928, nel ‘43 avevo 15 anni. I miei ricordi della guerra sono ancora vivi”.

Il fotografo Oliviero Toscani, nel suo tipico modo di porsi senza mezzi termini, usa parole ancora più dure. “Quanta ipocrisia. Siete tutti invidiosi dello scoop di Vogue. Nessuno dei nostri direttori italiani ha il coraggio di fare ciò che ha fatto Vogue”. E spiega che le foto nei giornali italiani sono una uguale all’altra, seriali. Non c’è un vero reportage da anni. E in tv l’ipocrisia raggiunge livelli altissimi: “C’è la guerra ma si parla solo di Giorgia Meloni e di calcio mercato. Quindi di cosa ci scandalizziamo?”. Gli elementi di un vero reportage, che Toscani riscontra nel servizio di Vogue, sono: contenuto, etica, estetica. “Non esiste un bravo fotografo che non abbia anche una sua estetica”, avverte. “Leibovitz – si accalora – è una grande professionista”. Poi fa l’esempio delle copertine della rivista Rolling Stones (nel 2017 ci fu persino il Papa ‘pop’ Francesco) e di Colors. La sua rivista fondata nel 1991 con redazione dapprima a New York, poi a Roma, a Parigi e a Treviso. “Non l’avete collezionata? Peccato”. Trattava temi di forte impegno e legati all’attualità: ambiente, conflitti del mondo, povertà, Aids. E altri più leggeri come lo shopping e la moda. Immagini forti, a tutta pagina. Come la copertina del numero 14: “Una macchia di sangue – racconta – mentre infuriava la guerra nell’ex Iugoslavia”. Ma dentro c’era di tutto, anche la moda. Il servizio di Vogue per Toscani è un vero reportage moderno. Frutto di un progetto specifico, di un’idea. La provocazione: “Dite al vostro direttore che sono pronto anch’io ad andare sui luoghi di guerra. Come la Leibovitz. Ma con un progetto. Come ha fatto Vogue”.

Poi ribadisce che la fotografia è memoria storica “Volete sapere qual foto dei coniugi Zelensky rimarrà nella storia? Quella di Vogue in cui si abbracciano: in quell’immagine c’è tutta la tragedia della guerra”. “Fin dall’inizio, questa guerra è stata condotta sia nell’arena fisica che in quella della comunicazione – scrive nel suo servizio la giornalista di Vogue Rachel Donadio – dove Zelensky, intelligente, telegenico, umile e vestito con le sue famose magliette color cachi, ha eccelso. Ora, con l’Ucraina che entra in una nuova fase cruciale, lottando per il sostegno internazionale e più aiuti militari, il ruolo della first lady non è più secondario o ornamentale”.

Torniamo alla domanda che infuoca i social. È giusto che la moglie del premier Zelensky, in piena guerra di invasione russa dell’Ucraina e con migliaia di morti nelle fosse comuni, posi per un patinato in copertina come una modella? Il servizio recita testualmente: “Dopo aver trascorso i primi mesi di guerra nascosta, Zelenska si è presentata agli occhi del pubblico come il volto della sua nazione: volto di donna, volto di madre, volto di empatia e umanità”. E poi: “Se Zelensky guida una nazione di civili trasformati in combattenti dall’oggi al domani, ha chiaramente portato il suo peso emotivo”. Quel peso emotivo c’è. In sneakers o in ciabatte. In cappotto blu o senza.

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