di Simona Palone*

L’ambito di tutela garantito dalle forme pensionistiche complementari è principalmente rivolto all’erogazione di trattamenti pensionistici integrativi del sistema pensionistico obbligatorio, secondo le intenzioni del legislatore (cfr. art. 1, Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252). Tuttavia si riscontra negli ultimi anni un nuovo ruolo della previdenza complementare, chiamata a offrire garanzie e tutele agli iscritti anche con riguardo ai rischi derivanti dal rapporto di lavoro e alle connesse esigenze di protezione sociale. La normativa primaria di cui al richiamato D.Lgs. n. 252/2005 offre già la possibilità, in determinate condizioni, di attingere al capitale accantonato presso i fondi pensione, tramite anticipazioni e riscatti (artt. 11 e 14 D.Lgs. n. 252/2005).

Nel tempo, la regolamentazione emanata dalla Commissione di Vigilanza sui fondi pensione (Covip) ne ha operato una interpretazione in chiave evolutiva della normativa, in linea con i nuovi bisogni del mercato del lavoro, per la tutela del reddito in caso di disoccupazione, in caso di esuberi di personale o utilizzo di strumenti di turnover generazionale. Se si è iscritti al fondo pensione da almeno otto anni si può chiedere l’anticipazione fino al 75% del capitale accumulato per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa di abitazione (per sé o per i propri figli), oppure fino al 30% per altre ragioni, ivi comprese spese sostenute per congedi parentali o per congedi per la formazione e per la formazione continua (cfr. direttive Covip ottobre 2006). In caso di bisogno, per far fronte a spese sanitarie per problemi di salute gravissimi (dell’iscritto, del coniuge o dei suoi figli), si può chiedere fino al 75% del capitale in qualsiasi momento. Si possono fare anche diverse richieste di anticipazione, purché non si superi complessivamente l’importo massimo erogabile.

Inoltre sono previste situazioni in cui la posizione individuale può essere riscattata, in tutto o in parte. Il riscatto integrale può essere richiesto dall’iscritto al fondo in caso di invalidità permanente o inoccupazione superiore ai 48 mesi, dimissioni o licenziamento. Se si è inoccupati da oltre 12 mesi ma meno di 48, o si è in mobilità o in cassa integrazione (in quest’ultimo caso per almeno 12 mesi continuativi: cfr. Orientamenti Covip 28 novembre 2008 e Risposta Covip a quesito ottobre 2012), si può chiedere il riscatto di una parte della posizione individuale, fino a un massimo del 50%. Il riscatto parziale della posizione è possibile anche se si è aderito a un accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo, ivi compresi i piani di accompagnamento alla prestazione pensionistica ex art. 4 della Legge 92/2012, anche se si è già tutelati da prestazioni di sostegno al reddito come la NASpI.

Le disposizioni regolamentari Covip hanno riconosciuto, più di recente, la possibilità di riscatto parziale, anche in caso di risoluzione anticipata del rapporto con contratto di espansione per i lavoratori che abbiano risolto consensualmente il rapporto di lavoro e che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile dalla pensione ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. 148/2015 (cfr. risposta Covip a quesito ottobre 2021). La previsione è di grande interesse, considerato che la disciplina del contratto di espansione è stata prorogata anche al 2022 e 2023 e l’applicazione è stata ampliata ad aziende di qualsiasi settore con almeno 50 dipendenti. A tutela della posizione dell’iscritto nel caso di decesso dello stesso prima della maturazione dei requisiti pensionistici è contemplato il riscatto per premorienza (cfr. Orientamenti Covip 15 luglio 2008). In questo caso l’intera posizione individuale maturata presso il fondo pensione potrà essere riscattata dagli eredi, ovvero dai diversi beneficiari designati dall’aderente, sia persone fisiche che persone giuridiche.

L’evoluzione normativa del secondo pilastro pensionistico ha altresì determinato, attraverso l’istituto della rendita integrativa temporanea anticipata (R.I.T.A.), la possibilità di far ricorso al capitale accumulato dal lavoratore nei fondi di previdenza complementare durante la sua vita attiva, per riscuoterlo in anticipo sotto forma di rendita mensile in attesa che il lavoratore raggiunga i requisiti pensionistici ordinari per: a) coloro che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro, con cinque anni di adesione al fondo pensione e che raggiungano l’età anagrafica per trattamento pensionistico obbligatorio di vecchiaia entro cinque anni dalla cessazione del lavoro e abbiano maturato 20 anni di contributi pensionistici obbligatori; b) oppure, nel caso di disoccupazione, dopo la cessazione dell’attività lavorativa, per più di 24 mesi e raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio entro i dieci anni successivi al termine di inoccupazione. La fruizione dell’istituto, disciplinato originariamente dalla legge di Bilancio 2017 (L. n. 232/2016) e correlato solo alla pensione di vecchiaia, è stata poi ampliata anche alle ipotesi di “pensione anticipata”, “pensione anticipata Quota 100”, “pensione anticipata opzione donna”, “pensione anticipata dei lavoratori precoci” o di anzianità, sulla base dell’interpretazione estensiva fornita dalla Covip con la circolare n. 4209 del 17 settembre 2020.

Per quel che concerne la prestazione pensionistica complementare è importante considerare che l’aderente può ottenere dal Fondo pensione al raggiungimento dei requisiti pensionistici nel sistema obbligatorio di appartenenza la liquidazione della posizione accantonata, di cui il 50% in capitale e il 50% in rendita. I singoli fondi pensione prevedono diverse tipologie di rendita (tra cui vitalizia, reversibile, rendita con contro-assicurazione), tra le quali l’aderente potrà scegliere, al momento del pensionamento, la più adatta alle proprie esigenze personali e familiari. La questione di un vero rilancio e sostegno alla previdenza integrativa, anche in funzione di una copertura pensionistica più ampia per i giovani, ma in generale per tutta la forza lavoro attiva, è una sfida che passa necessariamente per una adeguata informazione anche sotto il profilo della flessibilità offerta dal fondo pensione con riferimento a tutte le prestazioni erogabili e alla fiscalità agevolata che le caratterizza. Ciò scardinerebbe quella diffusa diffidenza nell’adesione ai fondi pensione, dovuta all’errata convinzione di dover immobilizzare sic et simpliciter il capitale per un lungo periodo.

*avvocato giuslavorista, esperto di previdenza complementare

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