Nel giorno in cui il presidente M5s Giuseppe Conte ha presentato al premier Mario Draghi, nel corso di un vertice a Palazzo Chigi, le condizioni per restare dentro la maggioranza di governo, è il ministro Pd del Lavoro Andrea Orlando ad avvertire l’alleato, anche sui destini del campo largo, così come già fatto dal ministro della Cultura dem Dario Franceschini.

“Importante e utile che il M5s ponga la questione di una centralità dell’agenda sociale, anche se poi questo implica anche che ci sia un impegno di tutti ad ascoltare le forze sociali. Ma tra le ragioni che mi fanno pensare all’assurdità di una crisi in questo momento c’è anche questa: chiamare le forze sociali e poi produrre una crisi di governo sarebbe un cortocircuito che si aggiunge agli altri problemi che già abbiamo”, ha affermato Orlando.

Per poi avvertire, nel caso di un’uscita del M5s dall’esecutivo (al momento allontanata da Conte, in attesa di una risposta sulle condizioni poste dal M5s): “Se Conte esce dalla maggioranza, la maggioranza cambia di segno e cambiano le condizioni a cui avevamo accettato di farne parte, quindi mi pare impossibile proseguire facendo finta di niente e non vedo la possibilità di costruire un’altra formula che arrivi in fondo alla legislatura“, sottolinea Orlando.

E ancora, dopo le parole di Franceschini, che aveva chiuso la strada a un accordo Pd-M5s per le prossime Politiche nel caso di un’uscita pentastellata dall’esecutivo Draghi: “Sbagliato legare destini governo e quelli del campo largo? Quando si mettono in moto processi di lacerazione, ci può essere tutta la buona volontà del mondo, ma rimettere insieme i cocci diventa complicato. Se si stacca la spina oggi, l’esito è quantomeno incerto. È difficile fare finta di niente e presentarsi insieme davanti agli elettori avendo preso posizioni diverse rispetto al futuro e alla prosecuzione del governo”, ha concluso Orlando.

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