Le ha provate tutte, il sindaco uscente di Verona, Federico Sboarina, per essere riconfermato. Ha gridato al pericolo dei comunisti travestiti da candidati civici, si è appropriato delle parole del vescovo Giuseppe Zenti, paventando il rischio che la città diventi capitale dei gender e dei gay di tutta Italia, ha adombrato le paure borghesi per una possibile calata di extracomunitari con letti e materassi in piazza Bra. Ma non gli è bastato alzare i toni dello scontro politico in riva all’Adige contro il mite Damiano Tommasi, ex centrocampista dell’Hellas, della Roma e della Nazionale, ex presidente dell’associazione calciatori italiani, cattolico con sei figli, moderato e per niente disposto a farsi attrarre dalle sirene dei partiti. L’avvocato con in tasca la tessera dei Fratelli d’Italia, costretto alla rincorsa di circa 7 punti percentuali e 8mila voti, ha incassato un’amara sconfitta: Tommasi ha ottenuto circa 49mila voti, pari al 53,3 per cento, Sboarina si è fermato a 43 mila voti, pari al 46,7 per cento.

Un’autentica rivoluzione, per i potentati e gli equilibri di potere ormai consolidati a Verona. Già l’affluenza non prometteva bene, stazionaria alle 12 (17,31%), in calo di 5,5 punti alle 19 (32,03), fissata alle 23 al 46,76 per cento (91.446 votanti, 8 per cento in meno del primo turno). Soltanto un aumento totale dei votanti, con un calo di quelli di centrosinistra (39,80% al primo turno), accompagnato da un drenaggio di consensi dal centrodestra rimasto fuori dal ballottaggio, avrebbe permesso a Sboarina di risalire dal modesto 32,69 per cento di due settimane fa.

Una batosta non solo personale, ma anche di una classe dirigente locale che ha evidentemente fallito la prova dei precedenti cinque anni di amministrazione. Inoltre, un fallimento per l’alleanza di centrodestra azzoppata dal mancato appoggio di Forza Italia, che ha visto i partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini sonoramente battuti. Sulla loro strada hanno trovato uno spietato Flavio Tosi, ex sindaco (fino al 2017) ed ex segretario regionale della Lega (fino al 2015), che è rimasto sulla riva a guardare il rivale Sboarina andarsi a schiantare nelle maglie della Rete!, il movimento civico fondato da Tommasi e ispirato alle sue gesta calcistiche. Al primo turno Tosi aveva preso il 23,86 per cento, un tesoro sufficiente per far vincere il centrodestra al ballottaggio. Il giorno dopo lo scrutinio ha preso la tessera di Forza Italia e ha proposto un apparentamento ufficiale. Accordo alla luce del sole per battere il centrosinistra. In cambio voleva, come prevede la legge, i propri simboli sulla scheda di Sboarina, il che, in caso di vittoria, gli avrebbe assegnato 8 consiglieri comunali (14 a Sboarina-FdI-Lega) e quattro assessori. Il sindaco uscente non ha voluto, temeva di diventare ostaggio per cinque anni del pericoloso rivale, che conosce benissimo la macchina amministrativa veronese. I due, inoltre, si detestano da tempo e si sono affrontati anche a colpi di querele e di denunce. Così Sboarina ha fatto il gran rifiuto, ha corso senza nuovi alleati e ha perso, nonostante un assist di Luca Zaia, che ha registrato un video per elogiarne i meriti di buon amministratore.

Il verdetto consegna la poltrona di sindaco all’esponente – senza tinte forti – di un centrosinistra la cui sconfitta sembrava l’unico dato preventivabile delle consultazioni. Tommasi ha dato fiato e anima ad un popolo che sembrava demoralizzato, visto che dal 2007 non era riuscito a mandare un proprio rappresentante nemmeno al ballottaggio. Lo ha fatto usando parole normali, dicendo che Verona è una città “moderna e vivibile, solidale e ottimista”, non una trincea di guerra tra mondi contrapposti. Lo ha fatto senza alzare la voce, senza offese, cominciando anzi una camminata per i quartieri, mentre Sboarina dava fiato alle trombe, neanche fosse una comparsa dell’Aida in Arena. L’ex sindaco prometteva un “piano Marshall” di 50 milioni di euro per strade e marciapiedi, elogiava le cerimonie delle Olimpiadi 2026 che saranno celebrate nell’anfiteatro romano, annunciava piani e interventi infrastrutturali.

I veronesi hanno preferito girare pagina, affidandosi ad un uomo che non ha esperienza amministrativa, eppure si è presentato con idee di cambiamento, non solo nei contenuti, ma anche nello stile di approccio con i cittadini. In attesa dei commenti dei partiti a bocce ferme, la disfida di Verona sta già dando indicazioni significative. Il centrosinistra si è presentato unito, assieme ai Cinquestelle, e si è spogliato di tanti contenuti partitici, al punto che Tommasi ha disertato gli incontri pubblici con Enrico Letta e Giuseppe Conte, pur incontrati in privato, per presentarsi con un’anima civica. Forse non c’era altro modo per vincere.

Gli insegnamenti più severi vengono per il centrodestra, che ha assommato una serie incredibile di errori. Ha cominciato senza convergere in modo deciso e unanime su Sboarina, visto che tra Fratelli d’Italia e Lega il confronto è stato piuttosto acceso e prolungato, anche perché Flavio Tosi aveva fatto capire a Salvini di essere disponibile a un’investitura del partito da cui è stato espulso 8 anni fa. Poi Zaia ha messo il veto a Tosi e Salvini ha trattato con la Meloni la spartizione dei candidati: Sboarina a Verona per FdI e Francesco Peghin per la Lega a Padova (dove è finita con un massacro al primo turno). Il secondo errore è stato di quello di non aver ricucito con Forza Italia (umiliata per cinque anni dalla gestione Sboarina) che si è presa la rivincita appoggiando Tosi al primo turno. Del gruppetto faceva parte anche Italia Viva di Matteo Renzi. Così il centrodestra si è presentato al primo turno con due candidati capaci di rastrellare quasi il 57 per cento dei voti, ma che hanno subito il sorpasso del centrosinistra. Il terzo, fatale errore, è stato quello del mancato apparentamento. Tutti avevano detto a Sboarina che non farlo sarebbe stato un errore. Salvini in primo luogo, anche perché con la sconfitta, la Lega ha un solo consigliere comunale, anziché un vicesindaco e qualche assessore. Giorgia Meloni ha cercato di convincere il suo candidato, senza riuscirvi, di aprirsi a Tosi, non essendovi riuscita ha tentato di tamponare la falla affermando che tutti il centrodestra aveva comunque deciso di convergere su Sboarina. Non era vero. Se Silvio Berlusconi ha fatto proclami nazionali di appoggio ai candidati di centrodestra, a Verona Tosi si è permesso di fare qualche distinguo: era Sboarina ad aver dato uno schiaffo a Forza Italia, non accettando l’apparentamento, quindi la sconfitta sarebbe stata solo colpa sua. Vuoi vedere che Tosi aveva ragione? Il distacco finale di Sboarina da Tosi è di nemmeno 6 mila voti, mentre la dote potenziale di Tosi (e Forza Italia) superava i 25 mila. L’ex sindaco e la sua coalizione hanno fatto un colossale harakiri politico.

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