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Vincenzo Pepe, a Napoli la Lega candida il professore indagato per truffa allo Stato sui fondi alle imprese (e maxi-evasione fiscale)

Nel marzo 2020 presidente del movimento ecologista FareAmbiente ha subito un sequestro preventivo da un milione e 800mila euro: secondo l'accusa, la Fondazione Gian Battista Vico di cui era presidente ottenne 300mila euro di contributi “per lo sviluppo di imprese innovative nel settore del turismo sostenibile” presentando fattore false. Contestata anche l'omissione di redditi per quattro milioni di euro e un'evasione di imposta da un milione e mezzo
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C’è un’indagine per evasione fiscale e truffa aggravata ai danni dello Stato a carico di Vincenzo Pepe, il professore-filosofo di Agropoli che la Lega candida al numero due del listino plurinominale Campania 1-Napoli del Senato, dietro l’onorevole uscente Pina Castiello. Nel marzo 2020 la Procura di Vallo della Lucania (Salerno) guidata da Antonio Ricci eseguì un sequestro preventivo di circa un milione e 800mila euro nei confronti di cinque indagati tra cui Pepe (difeso dall’avvocato Michele Sarno), all’epoca presidente della Fondazione Gian Battista Vico di Vatolla e attualmente presidente del movimento ecologista FareAmbiente. Un provvedimento firmato dal gip Sergio Marotta, poi confermato dal Tribunale del Riesame e consolidato in Cassazione nel febbraio 2021. Ora Pepe ha assunto il ruolo di presidente onorario della Fondazione, sostituito alla presidenza dal figlio Luigi Maria, anche lui indagato nello stesso procedimento.

Il sequestro era fondato su indagini della Guardia di Finanza partite da un controllo fiscale sul conseguimento di 300mila euro di contributi della Regione Campania “per lo sviluppo di imprese innovative nel settore del turismo sostenibile”: quei contributi, secondo l’accusa, furono ottenuti utilizzando fatture false emesse da tre imprenditori cilentani (tra i quali il figlio di uno dei rappresentanti legali della Fondazione). Oggetto del sequestro i conti correnti degli indagati e il castello “Palazzo de Vargas” a Perdifumo, di proprietà della Fondazione. Tra le altre contestazioni, la presunta omissione di redditi per 4 milioni di euro e una evasione di imposta di un milione e mezzo, una ‘allegra’ gestione dei conti correnti, sui quali sono stati rintracciati bonifici a proprio favore senza validi motivi, e la cessione da parte di uno degli amministratori di 26 quadri – tra cui 11 Gian Battista Piranesi – e 10 cartine geografiche antiche a una società di liquidazione riconducibile all’amministratore e alla moglie, senza che la Fondazione abbia ricevuto alcun corrispettivo.

L’indagine è ancora aperta e in via di definizione. Attraverso l’ufficio stampa della Lega di Napoli, Pepe fa sapere “di essere fiducioso nel buon esito del procedimento dopo che io e i miei legali abbiamo chiarito le nostre ragioni agli organi inquirenti”. Nel 2018 la Fondazione Vico finì al centro di una polemica per l’utilizzo di una chiesa sconsacrata di Napoli come location di un party di Halloween, con tanto di consolle dj e biglietto d’ingresso. La Chiesa era gestita dalla Fondazione: l’Arcidiocesi poi rescisse l’accordo di convenzione.

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