Se ne sono dette tante, in più di tre mesi, sulla guerra in Ucraina. Affermazioni spesso destinate soltanto ad alimentare l’ego di qualche aspirante neo-influencer, più o meno effettivamente salito poi alle luci della ribalta. È capitato con i virologi durante l’emergenza del Covid, e succede adesso con gli analisti di geopolitica. A causa di questo meccanismo – che evidenzia lo stato di pessima salute del sistema informativo – sia sul Covid che sulla guerra ne abbiamo sentite di tutti i colori.

Ma la cosa interessante è che, sulla guerra, soltanto un’affermazione vede d’accordo Putin e i paesi della Nato, come anche i sostenitori dell’una o dell’altra parte. Questa affermazione su cui tutti sono d’accordo è che si tratterebbe di una guerra fra l’Occidente liberale da una parte e l’Oriente con un modello socio-culturale alternativo dall’altra.

Seguendo tale visione, una delle argomentazioni più forti utilizzate dai sostenitori dell’Ucraina (e della Nato) è proprio che si tratta di difendere la democrazia occidentale contro l’autoritarismo orientale.

Eppure, ci troviamo di fronte a una delle poche cose che non si sono veramente dette su questa guerra. Cioè che l’unica visione che mette d’accordo tutti non corrisponde più al vero.

Certamente, la Russia di Putin (come anche la Cina di Xi Jinping) è un paese governato in maniera autoritaria e illiberale, ma con lo stesso grado di certezza possiamo dire che l’Occidente non è più quello di cui si legge sui libri di storia e di filosofia politica. Le caratteristiche che questa civiltà ha smarrito sono proprio quelle che spingono una non piccola parte dell’opinione pubblica occidentale a sostenere che non c’è più molto da difendere. Fino a spingere i più estremisti addirittura a schierarsi con Putin o, comunque, ad auspicare un tracollo dell’Alleanza atlantista.

Questo è il punto: molti cittadini occidentali non si sentono più parte di una comunità che va difesa da regimi autoritari e illiberali.

Ma allora c’è da capire il perché o, meglio, i perché. Provo a riassumere quelli che mi sembrano più stringenti.

Innanzitutto perché – volendo riprendere l’espressione utilizzata dal saggista americano Thomas Friedman nel 2005 – il mondo è diventato perlopiù “piatto”. Ossia, la porzione di mondo più avanzata si è culturalmente omologata ai valori imposti dal Mercato e alle dinamiche esistenziali affermate da Internet.

Questo ha prodotto cambiamenti epocali: la fine del modello occidentale di “welfare state”, che aveva garantito per tutto il XX secolo una ragionevole giustizia sociale e diritti a tutela dei lavoratori e delle classi sociali più deboli; il ritorno dei privilegi riservati ai pochi ricchissimi, che fra le altre cose detengono ricchezze sempre più esorbitanti mentre la stragrande maggioranza della popolazione vede dissolversi anche solo la speranza di un lavoro stabile e equamente retribuito. Scuola, sanità (lo abbiamo visto col Covid) e assistenza sociale in genere sono ridotte allo stremo, con un’opinione pubblica che mediamente risulta più ottusa e ignorante (quindi manipolabile) e, in generale, con una popolazione in grande sofferenza per il costo della vita salito a livelli intollerabili.

Tutto questo, di fatto, con il benestare di una classe politica perlopiù ridotta a figure di infimo livello, incapaci di innalzarsi rispetto al teatrino della polemica fine a se stessa o dell’interesse di gruppo. Quindi totalmente incompetenti rispetto alle misure con cui reagire al predominio dei poteri finanziari. Un’opinione pubblica in larga parte stremata, esasperata, ma anche ignorante e ottusa è quella più indicata per pensare – a torto o a ragione poco importa – che non abbiamo nulla da difendere rispetto a regimi autoritari e non democratici.

L’Occidente che ha perduto la capacità di far star bene la grande fetta della sua popolazione, è quello che più si espone al proprio tramonto. Non è una guerra più o meno giusta (l’Occidente può vantarne una lunga sfilza, di guerre ingiuste) che ne sta minando le sorti. Non è Putin, la Cina, l’Isis o chissà chi altro. Quello della nostra civiltà ha tutto l’aspetto di un suicidio da parte di ha smarrito la capacità di generare cultura, benessere, giustizia e istruzione diffusi. È il venir meno di queste fondamenta, che sta rischiando seriamente di far crollare la nostra Casa. Quella che molti non sentono più come la propria.

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