La difesa di Kiev contro l’invasione di Mosca passa anche attraverso la derussificazione. L’ultimo atto di una battaglia, iniziata in realtà diversi anni fa, è il disegno di legge approvato dal Parlamento ucraino, che vieta la distribuzione e l’importazione in Ucraina di libri editi in Russia e in Bielorussia e la riproduzione di musica prodotta da cittadini russi. Sui media ucraini si precisa che la decisione non riguarda la lingua russa, che non sarà vietata nel Paese, ma i prodotti editoriali e musicali dei cittadini di Mosca. Il fine, secondo le autorità ucraine, è porre un freno alla propaganda russa e difendere la cultura ucraina. È evidente però che il disegno di legge si inserisce in un’ampia operazione di presa di distanza dall’eredità che il dominio russo ha lasciato nell’identità ucraina.

A Kiev si discute anche di cambiare la denominazione delle strade che portano il nome di personaggi russi. Da rinominare, secondo il vice sindaco di Kiev, ci sarebbero circa 300 strade: da via Cechov (scrittore russo vissuto nella seconda metà dell’800) a via Lermontov (poeta vissuto nella prima metà dell’800). La stessa “opera di derussificazione” la sta portando avanti il sindaco di Odessa, Gennadiy Trukhanov, che ha annunciato l’intenzione di cambiare la denominazione di 19 strade della città portuale dell’Ucraina meridionale, e di tradurre in lingua ucraina la denominazione di ulteriori 24 vie. “Non vogliamo avere più niente a che fare con il Paese che vuole cancellare la nostra città, la nostra nazione, dalla faccia della Terra”, ha detto Trukhanov.

Ma non è tutto. Dal settembre 2022 nelle scuole di Mykolaïv, nel sud dell’Ucraina, non si insegnerà più la lingua russa. Per quanto quest’opera di derussificazione abbia evidentemente subìto un’accelerazione in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, si tratta di un processo non recente. Nel 2017, per esempio, l’allora presidente ucraino Petro Porosenko aveva introdotto una legge per il passaggio, graduale, dal russo all’ucraino nelle scuole del Paese, che non avevano ancora adottato l’insegnamento in “lingua ufficiale”.

In sintesi, dopo la dissoluzione dell’Urss, molti istituti in Ucraina, in particolare nelle zone dove la componente russofona è maggiore, avevano comunque mantenuto l’insegnamento delle materie scolastiche in lingua russa. La legge – introdotta nel 2017 appunto, ma che aveva come termine ultimo settembre 2020 – imponeva che nelle scuole si insegnasse solo nella lingua ufficiale del Paese, quindi in ucraino. Il russo poteva continuare a essere insegnato nelle scuole, come “lingua straniera”.

La battaglia tra i due Paesi non riguarda soltanto la questione linguistica, che gioca senza dubbio un ruolo centrale, ma anche altre espressioni culturali, come per esempio le statue. A Kiev è stato decapitato l’operaio russo che faceva parte del monumento, eretto nel 1982, dell’amicizia tra Russia e Ucraina. A Ternopil, nell’Ucraina occidentale, è stata tolta la statua dedicata al poeta Aleksandr Puskin, considerato il padre della lingua letteraria russa. E anche a Dnipro starebbero valutando di prendere la stessa decisione.

Alla derussificazione portata avanti nei territori controllati da Kiev si contrappone, in modo quasi speculare, la russificazione dei territori occupati da Mosca. A Nova Kakhovka, nella regione occupata di Kherson, è tornata la statua di Lenin. Lo stesso già nominato Puskin è stato affisso su alcuni manifesti nella città capoluogo dell’oblast per ricordare che “Kherson è una città con storia russa”. Sempre a Kherson le autorità nominate dai russi hanno comunicato che da settembre verrà imposto il programma scolastico russo negli istituti della città occupata. Quindi tutte le materie verranno insegnate in russo, la storia ucraina cederà il posto a quella di Mosca. Anche se secondo il ministro dell’Istruzione ucraino Serhiy Shkarlet su 60 scuole solo “un paio hanno deciso di collaborare”, le altre si sarebbero opposte al cambio del programma di educazione.

Inoltre, secondo l’agenzia stampa Nexta, in Russia avrebbero aggiunto ai programmi di storia “il riconoscimento delle regioni di Donetsk e Luhansk”. E mentre Mosca e Kiev si combattono anche sul piano culturale portando avanti un’opera di russificazione da un lato e derussificazione dall’altro, anche altri Paesi ex Urss, nel timore di subire un destino simile a quello dell’Ucraina, hanno accelerato la presa di distanza dalla Russia.

La presidente della Moldavia, Maia Sandu, ha firmato una legge che vieta la diffusione di notizie di emittenti moscovite per “contrastare la disinformazione”. Anche in questo caso, in realtà, il processo di derussificazione non è una novità di questi mesi di guerra. Nel 2021 aveva creato clamore la decisione della Corte costituzionale di dichiarare incostituzionale il riconoscimento del russo come “lingua di comunicazione interetnica”, imponendo dunque che tutti gli atti ufficiali fossero redatti solo in lingua ufficiale. Inoltre, secondo quanto riporta Euronews, già nel 2018 erano state messe a bando in Moldavia le notizie russe. La legge era stata firmata dall’allora presidente del parlamento moldavo, Adrian Candu, contro la “propaganda mediatica russa”.

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