Il quarto quesito (scheda grigia) è forse il più tecnico di quelli al voto il 12 giugno. Il titolo è “Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari”. Cosa sono i consigli giudiziari? Sono organi locali, uno per ognuna delle 26 Corti d’Appello italiane, che svolgono una funzione consultiva del Consiglio superiore della magistratura (Csm, l’organo di autogoverno dei magistrati, che decide su trasferimenti, progressioni di carriera e sanzioni disciplinari). Il Consiglio direttivo della Cassazione è l’equivalente dei consigli giudiziari per la Suprema Corte. Come il Csm, i consigli giudiziari sono composti sia da magistrati (da sei a dieci) che da membri “laici“: un professore universitario e due avvocati (o tre nei distretti più grandi). A differenza di quanto avviene al Csm, però, i “laici” hanno diritto di voto solo su determinate materie, tra cui non è inclusa la più importante: la formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati, che vengono trasmessi al Csm e costituiscono la base per gli avanzamenti di carriera e di stipendio. Il referendum propone di consentire ai “laici”, tra cui gli avvocati, di votare anche sulla professionalità dei magistrati.

Secondo i promotori infatti la loro esclusione è addirittura “in contrasto con lo spirito della Costituzione, che ha voluto che nel Csm vi fosse una componente non togata con eguali poteri dei componenti magistrati”. Chi si oppone al quesito, invece, sottolinea che con una vittoria del sì gli avvocati sarebbero chiamati a valutare la professionalità di magistrati che lavorano negli stessi uffici e giudicano, o accusano, i loro clienti: “In questo Paese dove l’abitudine a cercare raccomandazioni o vie traverse è largamente diffusa, temo che gli avvocati nominati nei Consigli giudiziari vedranno crescere di molto la loro clientela, in quanto i clienti si immagineranno che quell’avvocato (…) sia in grado di fare pressioni o comunque intimorire il giudice che deve decidere la causa”, ha scritto Piercamillo Davigo sul Fatto. Un risultato simile a quello che vorrebbe raggiungere il referendum, peraltro, è previsto dalla riforma dell’ordinamento giudiziario approvata alla Camera: in quel caso la componente degli avvocati esprimerebbe un solo voto (invece che uno per ogni membro) e solo nei casi in cui il Consiglio dell’ordine abbia in precedenza fatto una segnalazione sul magistrato soggetto a valutazione.

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