Damiano Tommasi, lo raccontavo in un post sul blog de ilfattoquotidiano.it del 14 giugno scorso, proponeva un pensiero libero e la convinzione di dover provare a portare Verona in serie A anche in ambito civile, culturale, economico e sociale. Scrivevo “niente padrini o manager e la solida convinzione di valere”… queste le ragioni per cui oggi, che il voto si è svelato ed è stato una forte delega al cambiamento, non si può solo mettere un qualsiasi cappello politico nazionale a questa vicenda, ma ragionare sulle proposte attrattive messe in campo dai nostri sindaci di area centrosinistra.

Oserei dire, anche per esperienza diretta, che le città non si vincono tanto con o per i simboli cui un candidato è associato, mentre sicuramente si perdono per incapacità o per sfiducia verso chi le sta governando male e si ripresenta. Talvolta anche verso chi, pur se persona diversa dal sindaco uscente, ne ricalca le orme politiche e qui il segnale chiaro è una bocciatura a posteriori verso un “sistema” di potere che non trova in sé la capacità per rinnovarsi e offrire prospettive diverse e nuove.

La riprova è la città di Verona, menzionata persino nei libri come capitale della (peggior) destra italiana, che ha invertito la rotta seguendo sia la percezione che la ragione. Non ha voluto saperne di accodarsi ai simboli e fare voto fiduciario verso il leader in appoggio al candidato di bandiera, si è scrollata di dosso vincoli e passato, non si è turata il naso e ha preteso di scegliere il sindaco migliore per i prossimi 5 anni.

Verona ha trovato una squadra e un candidato sindaco che l’hanno trascinata verso gli orizzonti di cui sono capaci le persone con un’idea molto precisa di città, di comunità e di futuro. Molto hanno saputo trasmettere le parole nette usate senza convenienza, molto l’entusiasmo sempre più forte che si è venuto a creare, e con esso la curiosità di conoscere e di provare a fidarsi, a restituire fiducia all’amministrazione pubblica così fondamentale per la vita stessa delle persone, per la qualità dei servizi, per la capacità di muoversi verso un mondo in forte cambiamento, grazie a valori di primaria importanza.

Tommasi ha vinto perché ha saputo creare intorno a sé tutto questo, perché è prima di tutto una persona che ha vissuto con semplicità e coerenza anche i momenti più duri della sua vita senza trascendere in banalità o furberie… e l’autenticità si annusa, attrae, sa di buono. A questo si aggiungano i tanti giovani, le tante donne che, non a caso, scelgono ora una guida autorevole e sicura che in loro, nei giovani e nel mondo femminile, crede e investe non solo a parole… come tendenzialmente fanno i politici dimenticando il giorno dopo le promesse della vigilia.

Verona centro di un’Europa che conta è l’altra faccia di questo prisma attrattivo e innovativo. I partiti di centrosinistra fanno bene a godere di questi risultati, ovvio, ma è bene essere onesti: non sono loro ad aver disarcionato la destre, ma i loro candidati e le loro candidate che, da Piacenza a Catanzaro, passando per Verona e Lodi, hanno saputo leggere e interpretare al meglio questa forte voglia di crescere in una comunità e non in un talk-show, di credere nella passione civile e politica fino al punto di voler giocare una partita che appariva persa, per ascoltare la voce del cuore e determinare insieme ai cittadini le sorti del loro piccolo, grande mondo.

Una lezione che va tradotta in un modo nuovo di intendere i rapporti “dentro” la politica e tra politici e società.

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