Un viaggio seducente sulle tracce del mito, delle radici ancestrali, di quel senso eterno della Storia che si ripete nella tradizione orale dei narratori siciliani a partire dal puparo Mimmo Cuticchio. Cùntami, che vuol dire “raccontami”, di Giovanna Taviani è un’opera documentaria che appassiona e ipnotizza, passo dopo passo, conducendoci alla scoperta di una terra e di un popolo che non smette di sorprendere. Presentato in prima mondiale alle Giornate degli Autori – sezione Notti Veneziane – del 2021, il film ha vinto il Premio Speciale ai Nastri d’Argento nella sezione “Docufilm” e il premio della giuria del SNGCI per la sezione #Frame Italia al Festival Sguardi Altrove dove si è aggiudicato anche il Premio della giuria Iulm. Ma per il grande pubblico, Cùntami ha iniziato il suo tour per le sale delle principali città d’Italia, a partire dalla genitrice Sicilia (Palermo, Catania), proseguendo il 30 maggio al Nuovo Sacher di Nanni Moretti a Roma e il 13 giugno al cinema Mexico di Milano.

Con la voce della regista che accompagna le tappe principali del suo road documentary, si articola un percorso antico per luoghi e nuovissimo per modalità, che mette in gioco il Mito non di per sé ma come strumento lirico e popolare insieme, universale e personalissimo, caricandosi della funzione terapeutica di elaborazione del lutto per la perdita dei due genitori. Ed è proprio a papà Vittorio che Giovanna Taviani dedica le sue prime parole in incipit di film, corrispondente ai suoi ricordi da bambina, affondati, riemersi e galleggianti come pupi tuffati nel blu del Mediterraneo profondo “mio padre mi portava a nuoto alla grotta di Polifemo. E mi raccontava di Ulisse, che, tanti anni fa, aveva attraversato come noi questi mari”.

Da allora, la regista e direttrice del SalinaDocFest si è avvicinata alla ricerca della tradizione nelle sue diverse articolazioni, abbracciando storie reali e leggendarie quasi tutte collocate nell’amatissima Sicilia, crogiolo di popoli, territorio adottivo dei toscani Taviani. I cuntisti, cioè i raccontatori di storie, uniscono l’anima più profonda di questo cammino che profuma di epico: appesi su un carretto, i grandi pupi viaggiano guidati dai nuovi cantori partendo dalla Palermo di Cuticchio l’Aedo che “fin da bambino nei pupi non vedevo delle bambole, ma persone, personaggi realmente esistiti”, lasciando poi il testimone all’Orlando le cui gesta “furiose” del mitico ciclo carolingio (il cuore degli spettacoli dei pupi) sono “cuntate” da Vincenzo Pirrotta.

È poi la volta del racconto di Gaspare Balsamo dal magnifico sfondo del trapanese (le tonnare, i mulini a vento di Culcasi, l’isola di Mozia..): suo è un Don Chisciotte moderno, dialogante con gli eroi che hanno combattuto la mafia. Spostandosi sulle pendici dell’Etna coi suoi paesaggi inquietanti, visceralmente incandescenti, l’attore Giovanni Calcagno re-interpreta Polifemo, il ciclope folle d’amore, freak per definizione, uomo-mostro che ruggisce di dolore. Si ritorna poi in una Palermo deserta, Mimmo Cuticchio su un cavallo candido, “travestito” anche lui da Don Chisciotte il cui Sancho Panza è il cuntista iracheno Yousif Latif Jaralla: è ancora la tradizione e la contemporaneità riunite, un’identità sempre in movimento seppur radicata nell’immaginario più ancestrale.

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