di Roberta Ravello

Il governo spagnolo ha appena approvato una bozza di legge di riforma sull’aborto che consentirà alle donne, a partire dai 16 anni, di abortire senza il permesso dei genitori e renderà la Spagna il primo Paese in Europa a concedere alle donne il riposo a casa con mestruo invalidante. La riforma, che necessiterà dell’approvazione parlamentare, è concepita per garantire che l’IVG (interruzione volontaria della gravidanza), sia disponibile attraverso il sistema sanitario pubblico e che le mestruazioni dolorose siano trattate come un problema di salute.

La normativa sostituirà quella del 2015, più penalizzante sull’aborto. Le pillole contraccettive, che in farmacia costano fino a 20 euro, saranno rese gratuite dal servizio sanitario nazionale. La legge istituirà anche un albo formale dei medici obiettori di coscienza per motivi di fede, per permettere alle donne di sapere a chi rivolgersi senza perdere tempo con gli obiettori.

E in Italia? Gli obiettori di coscienza sono molti, ciò significa che una donna per abortire può doversi spostare molte volte fuori provincia, se dove abita non trova un ginecologo pubblico disposto a praticare l’IVG. Quelle che hanno i soldi non hanno problemi, perché a pagamento troveranno sempre chi sia disposto a garantire il diritto all’aborto e potranno scegliere di praticarlo dove più le aggrada. Gli obiettori di coscienza penalizzano dunque le donne meno abbienti, introducendo una discriminazione nell’accesso all’IVG che colpisce i redditi più poveri e dunque le donne che potrebbero avere più problemi pratici a crescere i figli.

La legge che in Italia legittima l’aborto è la 194 del 1978, rendiamoci conto, la Spagna ne riforma una del 2015 considerata oramai già obsoleta.

L’articolo 2 della 194 recita: contraccezione gratis in tutti i Consultori, eppure solo 4 regioni, Puglia, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana si sono attrezzate in tal senso! Continuando di questo passo, non solo si favoriscono gli operatori privati per l’aborto a pagamento, ma si determina un vantaggio disonesto per le donne più abbienti. Loro potranno sempre abortire o prevenire, mentre sono le donne più svantaggiate alle quali vengono negati i diritti.

E’ di aprile scorso la notizia di un fondo approvato dalla regione Piemonte da 400mila di euro per le attività delle associazioni pro vita, alle quali è stata garantita la presenza all’interno di Asl e consultori per scoraggiare le donne ad abortire per motivi di disagio economico o sociale, offrendo in sostanza alle stesse appoggio economico per portare avanti la gravidanza.

Basita! Neppure la coscienza è più libera in questo paese? I consultori al massimo potrebbero informare che se il problema è economico, ci si può rivolgere ad associazioni di aiuto ma, in un servizio pubblico, non ci dovrebbe essere spazio per i moralismi di stampo religioso, lo Stato deve garantire un servizio di assistenza laico.

Inoltre, i figli non basta farli nascere o avere i soldi per le spese di base, bisogna anche essere in grado di crescerli, una responsabilità che non è solo economica, ma anche emotiva ed affettiva. Se una donna non è in grado di fare la madre, non c’è assegno di sostegno familiare che possa cambiare le cose. Dovremmo pensare a mettere al mondo figli solo quando siamo in grado di garantire loro un futuro felice, non a finanziare donne incubatrici di bambini non desiderati, visto che di infelici al mondo ce ne sono già troppi.

Che si investa, oltre che in assegni di maternità per le donne che ne hanno bisogno (e i figli li vogliono avere), anche in prevenzione ed educazione – attraverso l’educazione sessuale direttamente nelle scuole – e si multino pesantemente quelle regioni che, pur essendo una norma del 1978 la contraccezione gratuita, nel 2022 – ancora – non sono state in grado di applicare la legge!

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