La Regione Piemonte finanzia con 400mila euro le associazioni pro-vita, attive contro l’aborto. Lo prevede un emendamento al Bilancio di previsione 2022-24 della Regione presentato dall’assessore Fdi alle Politiche sociali Maurizio Marrone, approvato fra le polemiche delle opposizioni questo pomeriggio dalla maggioranza di centrodestra. L’annuncio era arrivato a metà aprile e aveva suscitato le proteste dei consiglieri M5s. Marrone è notoriamente un sostenitore di posizioni antiabortiste: nel settembre 2020, quando era assessore alla Semplificazione, aveva fatto in modo che non fosse permessa la somministrazione della pillola abortiva Ru486 nei consultori e in Day hospital opponendosi alla linea del ministero della Salute.

Rispetto alla prima versione del testo, come concessione alle opposizioni – che hanno ritirato gran parte dei loro emendamenti – è passata una modifica in base alla quale la gestione delle risorse sarà affidata a consultori e consorzi socio-assistenziali. “Qualcuno avrebbe voluto fermarci – sostiene Marrone – ma abbiamo dimostrato ancora una volta che il Piemonte è dalla parte della vita e della vera libertà di scelta delle donne. Il nostro emendamento Vita Nascente ha superato l’ostruzionismo in Aula e ora permetterà ai bambini delle donne in difficoltà economica e sociale di nascere. I progetti finalizzati al superamento delle cause che potrebbero indurre all’interruzione di gravidanza potranno essere presentati dalle realtà e associazioni di tutela materno infantile accreditate presso le Asl, che dopo aver predisposto un programma dettagliato delle attività dovranno poi rendicontare le spese sostenute”.

Unanime la levata di scudi da parte delle opposizioni. “Per crescere i nostri figli – afferma il capogruppo Luv Marco Grimaldi – servono nidi, dignità, reddito, diritto allo studio, altro che mancette. Le risorse regionali devono essere destinate a chi ne ha realmente bisogno, non a un gruppo di associazioni pro-vita. Le migliaia di nostri emendamenti sul Bilancio chiedono proprio di agire per garantire quelle politiche”.

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“Ai figli i cognomi di entrambi i genitori”. La sentenza della Consulta

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