di Carblogger

Hai visto, mi telefona un amico che pensava di averne viste di tutti i colori, che la Dacia Sandero è stata l’auto più venduta in Italia in aprile? “Non ci posso credere, capirei la Duster… la Sandero non si può guardare, questa è un’industria che va a sbattere!”. Allo sconsolato amico del nord rispondo con il pissi pissi romanesco (dialetto che in genere piace solo ai non romani) rubato una volta a una conversazione di vicini di tavolo: “Dacia Sandero, che je voi dì? Cià il prezzo giusto, cià spazio, cià pure il gas”. Mortacci, non quello di Putin ma il Gpl.

Il fenomeno Dacia è un business case internazionale che i rivali studiano senza riuscire a copiare. Basti pensare che in un’Europa sott’acqua nelle vendite (-20%), Dacia ha chiuso aprile a +7,9 limitando le perdite del gruppo Renault cui appartiene a -16%. E non ha una gamma da sogno, anche se Sandero era già in gennaio il modello più venduto d’Europa. Auto dotata di quel che serve davvero, a prezzi evidentemente ritenuti giusti: in tempi di guerra e inflazione galoppante, per molti il superfluo è diventato un lusso. Con o senza incentivi all’acquisto.

Dacia è stata un’invenzione di Louis Schweitzer, presidente di Renault dopo essere stato capo di gabinetto del premier socialista francese Laurent Fabius, che nel 1999 acquisì il marchio romeno per un pugno di leu e nel 2004 lanciò Dacia Logan, auto low cost da 5.000 euro (poi erano di più, ma lo slogan funzionò). Dacia fece presto soldi anche se i margini non sono mai stati dichiarati, perché teneva bassi i prezzi senza praticare sconti sulla vendita di macchine Frankenstein: un componente era della Renault Clio precedente generazione, un altro dismesso da un altro modello del gruppo e così via. Di necessità virtù.

Oggi Dacia si è scrollata di dosso l’immagine di povera ma bella (spero che l’amico non legga…) e si permette anzi di cambiare ben tre designer in meno di due anni. E che designer: prima Alejandro Mesonero Romanos, stella di Seat fuggita solo per amore di Alfa Romeo, poi addirittura Miles Nuernberger, che disegnava Aston Martin e ora lì più saggiamente è tornato, fino alla promozione interna di David Durand, che non sarà famoso ma sappiate che è sua la matita sopra la nuova Sandero superstar.

Denis Le Vot, capo mondiale di Dacia con qualche grattacapo in più dopo la cessione forzata ai russi di AvtoVaz con cui avrebbe dovuto integrarsi, non si vergogna a dire di questi tempi che il marchio non avrà altre elettriche dopo la Spring “finché non sarà necessario”, perché sennò costi e prezzi volano e buonanotte. Immagino l’invidia indicibile di molti suoi colleghi.

PS. Questa storia mi ricorda, chissà perché, Alan Sorrenti che una vita fa tirò fuori un 45 giri in cui cantava “noi siamo figli delle stelle”, brano piuttosto commerciale con cui dal pop passò alla disco beccandosi accuse di tradimento. Però fu un successone, e il motivo è rimasto in testa a tutti. Forse noi siamo figli di Dacia Sandero. Dei tanti effetti della guerra in corso, anche di questo potremmo ricordarcene a lungo. Senza nulla togliere alla sostenibile storia del marchio.

@carblogger_it

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