Il rapporto di Save the Children sulla scarsa capacità degli adolescenti italiani di comprendere un testo scritto, che probabilmente manterranno da adulti, è allarmante, ma non ci sorprende molto ed è giusto che lo stato prenda iniziative per migliorare le scuole e i servizi forniti.

E’ improbabile però che migliorare scuole e servizi ottenga i risultati desiderati: se, come dice l’articolo, nella fascia tra i 15 e i 29 anni “in sei regioni italiane… i Neet, i giovani fuori da qualunque percorso lavorativo o di formazione, hanno già superato i coetanei attivi”, la prima cosa da fare sarebbe quella di intervistare un campione significativo di questi giovani e cercare di capire quali sono le loro ragioni e le loro aspettative. Probabilmente alcuni di loro in realtà lavorano in nero o progettano di farlo; altri verosimilmente disprezzano la scuola e la formazione e la ritengono inutile. E’ implausibile che la ragione di questo fenomeno sociale sia da imputare alla condizione della scuola italiana, e che modificando questa si recuperino questi giovani. Peraltro in Italia la qualità dell’istruzione è complessivamente piuttosto buona grazie all’impegno dei docenti, come dimostrato dall’inserimento all’estero degli italiani che in patria hanno studiato.

In Italia è da sempre diffuso il disprezzo nei confronti dell’istruzione, e questa è una vera piaga sociale del paese. In Italia la laurea è “il pezzo di carta”, “il lavoro si trova solo con la raccomandazione”, “studiare è inutile”, “con la cultura non si mangia”. Questa forma mentis diffusa disincentiva molti giovani dallo studio, che è impegno e fatica. Anche se le premesse possono essere parzialmente vere, le conclusioni sono false: che uno abbia o non abbia accesso ad una raccomandazione, studiare è il più redditizio investimento che ciascuno può fare su se stesso. Un analfabeta, anche se raccomandato, in genere non potrà che avere accesso a impieghi lavorativi e redditi modesti.

La politica ha grandi colpe perché in questa concezione popolare ha sempre sguazzato: da Berlusconi che diceva che il paese può vivere fabbricando scarpe e servendo i turisti, a Beppe Grillo, vero e proprio campione della denigrazione dell’impegno altrui, secondo il quale una casalinga può fare il ministro dell’Economia meglio degli esperti. I successi elettorali di Berlusconi prima e di Grillo poi dimostrano che incentivare il disimpegno nella formazione porta consenso, e confermano che i pregiudizi citati sopra sono diffusi.

Come si risolve questa piaga sociale? Andare contro un sentire diffuso è difficile; ma almeno evitare di propagandarlo e confermarlo per ragioni elettorali sarebbe auspicabile.

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