Un centinaio di giovani provenienti da diverse realtà del volontariato e dell’attivismo sociale genovese si è accampato in piazza De Ferrari per contestare “la gestione carente e solo emergenziale delle problematiche legate alle persone senza fissa dimora da parte del Comune”. Come ogni anno, tra aprile e maggio, il Comune chiude i dormitori di emergenza limitando così il numero di posti letto a disposizione delle persone che si trovano a dormire in strada: “La chiamano emergenza freddo perché con questo termine possono agire in deroga alle regole base sulla gestione delle strutture di accoglienza – spiega Tea, tra le insegnanti volontarie della scuola popolare del centro storico presente al presidio notturno – ma in questi mesi invernali non fanno realmente carico delle persone ospitate, e alla fine della cosiddetta emergenza tornano quasi tutti a dormire in strada”.
I posti nelle strutture a bassa soglia, che prevedono un periodo limitato di ospitalità a numero chiuso, sono tutti occupati e spesso capita che chi resta fuori dal turnover non riesca a rientrare: “Un problema ancora più grosso per i migranti, neo-maggiorenni con la protezione umanitaria in tasca ma esclusi dal sistema di accoglienza, senza possibilità di pagare affitto e costretti a dormire in strada o contendersi il posto in dormitori spesso riservati a senza dimora italiani o residenti da molti anni in città”. I manifestanti, che hanno passato la notte dentro i sacchi a pelo distesi sui gradini di Palazzo Ducale, sotto il palazzo della Regione e a pochi centinaia di metri dal Comune, dove chiederanno di essere ricevuti oggi, affinché venga rivisto il sistema di presa in carico delle persone che vivono in strada, e, nell’immediato, l’aumento dei posti in dormitori a bassa soglia, per rispondere all’emergenza che vive chi è costretto a stare in strada dopo la chiusura delle strutture invernali. “Basterebbe che il sindaco, che ha tenuto per sé la delega ai servizi sociali, e chiunque altro si candidi per amministrare Genova alle prossime elezioni – spiegano i manifestanti – ascoltasse quello che da anni gli dicono gli addetti ai lavori, operatori delle associazioni del privato sociale a cui delega servizi che il Comune non è in grado di garantire direttamente
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