Gesù, Buddha, Socrate, Gandhi, san Francesco, Martin Luther King. E ancora Abramo Lincoln, Garibaldi, Galileo, Giolitti, Salvador Allende, Nelson Mandela e Neil Armstrong. È alle orazioni di questi e altri personaggi che la nuova instant edition del libro “I grandi discorsi che hanno cambiato la storia” di Michele Fina e Gianluca Lioni (Newton Compton) sceglie di accostare quelle di Volodymyr Zelensky. Accanto al Discorso della Montagna di Gesù e al Discorso di Varanasi del Buddha, all'”I have a dream” di Martin Luther King o allo “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs, ecco apparire – nella descrizione dell’opera su Amazon – anche “il discorso del presidente ucraino ai russi, pronunciato tre ore prima dell’invasione”. Non solo: dalla copertina dell’edizione originale scompare la foto in bianco e nero di John Fitzgerald Kennedy mentre annuncia il programma spaziale Apollo al Congresso Usa, scalzata senza troppi complimenti dall’effigie dell’ex comico in t-shirt militare ed espressione sofferta. Di conseguenza, si adegua anche l’occhiello: via il vecchio “Da Gandhi a Mandela, da Martin Luther King a Steve Jobs, i personaggi che con le loro parole hanno cambiato il corso della storia”, subentra il più attuale “Da Gandhi a Mandela, da Martin Luther King a Zelensky, le parole dei leader che hanno influenzato l’umanità”.

L’iniziativa ha acceso un focolaio di polemiche social, alimentato in particolare da un post di Fiorella Mannoia: “Senza commento. Ho finito le parole”, ha scritto la cantautrice pubblicando su Facebook la copertina del libro. Nessuno dei cui autori peraltro è storico di professione, anche se entrambi gravitano in un’area politica ben definita: Michele Fina è segretario del Pd abruzzese e consigliere del ministro del Lavoro Andrea Orlando (con cui aveva già lavorato nelle precedenti esperienze all’Ambiente e alla Giustizia) mentre Gianluca Lioni, giornalista professionista, è stato responsabile del settore Innovazione Radiotelevisiva e del dipartimento Associazionismo e Terzo settore del Pd e dal 2014 è portavoce del ministro della Cultura Dario Franceschini. L’opera risale al settembre 2017 e “non ha certo la pretesa di essere un volume di storia” – si legge nella prefazione – ma “solo un piccolo e umile atto di devozione verso la forza delle parole, un viaggio nel tempo attraverso la loro capacità di incidere sugli avvenimenti”. “È un evergreen, si vende sempre, sta bene in qualunque libreria”, spiegano al fatto.it dall’ufficio stampa della Newton Compton. “Lo ristampiamo da tanti anni, per rendere un servizio ai lettori abbiamo aggiunto il capitolo su Zelensky. Ovviamente è stato curato, c’è un’introduzione equilibrata, nulla che osanni il personaggio. E poi nel libro non si citano solo pacifisti o esempi di virtù ma anche personaggi negativi, persino Hitler e Mussolini”.

A stridere però è soprattutto l’iscrizione del presidente ucraino tra i giganti della storia in un momento in cui – per forza di cose – l’attualità della guerra impedisce di mettere eventi e ruoli in prospettiva. “Noi facciamo gli editori, avevamo a disposizione quest’opera e l’abbiamo attualizzata con un elemento di forte interesse per i cittadini, così come altri ripropongono vecchi titoli in catalogo”, ribattono dall’editrice. E la scelta di mettere Zelensky addirittura in copertina? “Nulla di offensivo né di sbagliato: su questo ogni editore ha la sua politica”. Anche il co-autore Lioni rivendica la legittimità dell’operazione: “Non c’è niente di male, non è che uno si deve vergognare per questo. Mi sembra normale che l’editore cerchi di rendere il prodotto più accattivante. Io non mi sognerei mai di attaccare un editore che mette la faccia di Putin in copertina, è una cosa da Santa inquisizione”. La polemica, racconta, lo ha amareggiato: “È legittimo pensare che l’inserimento di Zelensky sia prematuro, per le figure più storicizzate ovviamente il giudizio è più netto. Ma noi nella prefazione mettiamo in chiaro che si tratta di scelte arbitrarie e discrezionali“. Prima di quello di Zelensky, però, il discorso più recente riportato è quello di insediamento di Barack Obama, nel lontano 2008. In quindici anni non ci sono stati altri spunti per “attualizzare” l’opera? “Dall’editore ce l’avevano chiesto più volte, ma avevamo troppi impegni per farlo. Questa è stata l’occasione giusta”.

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