Cresce l’allerta in Europa per i casi di epatite acuta di origine sconosciuta nei bambini segnalati nei giorni scorsi in diversi paesi. Nel Regno Unito, che al momento è il paese che ha registrato più pazienti, salgono a 108 i bambini colpiti. Per otto pazienti è stato necessario il trapianto di fegato come informa il report dell’Uk Health Security Agency, l’agenzia per sicurezza sanitaria. Tutti i bambini colpiti si sono presentati ai servizi sanitari tra gennaio e il 12 aprile. Dei casi confermati, 79 sono in Inghilterra, 14 in Scozia e il resto in Galles e Irlanda del Nord. Gli esperti rimarcano che “non vi è alcun legame con il vaccino anti-Covid”. L’indagine degli esperti inglesi e le informazioni arrivate dai campioni dei pazienti e dai sistemi di sorveglianza “continuano a indicare un collegamento con l’infezione da adenovirus. Il 77% dei casi è risultato positivo all’adenovirus”. L’Uk Health Security Agency evidenzia anche che, “poiché non è normale vedere questo comportamento rispetto alla malattia da adenovirus, si stanno studiando altri possibili fattori che contribuiscono ai casi di epatite acuta pediatrica, come un’altra infezione (incluso Covid-19) o una causa ambientale“. Gli esperti inglesi “stanno studiando se c’è stato un cambiamento nel genoma dell’adenovirus”. L’epatite acuta viene considerata sconosciuta in quanto non è attribuibile a nessuno dei sei virus dell’epatite A, B, C, D, E e G.

Sono stati segnalati casi in Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Danimarca. In Italia allo stato non c’è ancora questo tipo di allarme, alcuni casi sospetti sono al vaglio. “Ad oggi non abbiamo alcuna evidenza che vi sia una correlazione con il nuovo coronavirus” ha spiegato ieri il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. Questi casi “testimoniano la necessità di avere dei sistemi di monitoraggio epidemiologico straordinariamente efficienti per intercettare le emergenze di casi di malattie trasmissibili. È un investimento che nel Paese va largamente incentivato e implementato”.

“Serve cautela nell’attribuirli. Le segnalazioni di cui si parla in queste ore vanno filtrate, non sono ancora definitive. Per esserne certi dobbiamo verificare – spiega all’Adnkronos Salute Giuseppe Maggiore, direttore dell’Epatogastroenterologia e trapianti di fegato del Bambino Gesù di Rom – che abbiano le caratteristiche descritte nei piccoli pazienti inglesi dove, da gennaio, si è registrato il fenomeno. Gli elementi distintivi sono: l’età tra i 3 e i 6 anni, le transaminasi molto elevate, l’assenza di altre cause. Certamente ci sono stati casi di epatite acuta severa in alcuni centri, che però non sono necessariamente legati a questo allarme. Dobbiamo capire anche se c’è una maggiore concentrazione di casi. Al momento non lo sappiamo”.

Ovviamente, precisa Maggiore, “si tratta di una situazione in evoluzione. Tra un minuto potrei essere smentito da una segnalazione verificata con le quelle caratteristiche indicate dai colleghi inglesi. Siamo vigili e monitoriamo con grande attenzione. Fino ad oggi noi, al Bambino Gesù, non abbiamo visto casi di questo tipo. Credo però che bisogna essere prudenti anche nelle segnalazioni”. Questo fenomeno, “considerando che abbiamo casi che si espandono nel mondo, fa pensare a un profilo infettivo più che tossico – osserva lo specialista – Tutte gli elementi di questa situazione sono al momento davvero misteriose. Se ci saranno casi nel nostro Paese, in ogni caso, faremmo di tutto per contribuire alla comprensione delle cause. C’è una grande attività delle società scientifiche per monitorare la situazione e c’è una grandissima attenzione. Questo è più che certo”, assicura Maggiore. Il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc) nei giorni scorsi ha ribadito l’appello a “segnalare e condividere informazioni”. Fuori dall’Europa sono stati segnalati casi sospetti in Usa, con 9 bambini colpiti in Alabama, negli Stati Uniti.

Tra le ipotesi, vi è quella di un legame con il Covid-19 o con altre forme di infezioni virali, come quella da adenovirus, visto che entrambi i virus sono stati riscontrati in alcuni dei piccoli pazienti. Mentre non è stato identificato alcun collegamento al vaccino contro il Covid-19. Un altro elemento da considerare è quello della scarsa esposizione dei più piccoli ai virus comuni durante i lockdown e gli ultimi due anni di restrizioni. Come era accaduto a gennaio con i molti casi di virus sinciziale.

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