“Di chi è questa giacca? Qualcuno deve averla dimenticata!”. La signora in visita al Museo Picasso di Parigi non lo chiede. Forse in quel momento è sola e non ci pensa. Così, la stacca dall’attaccapanni posto quasi all’uscita della sala e se la porta a casa.

Peccato che quella giacca blu non sia un indumento da lavoro di qualche addetto alle pulizie della galleria. Ma un’opera d’arte contemporanea firmata da Oriol Vilanova, artista, architetto e filosofo catalano di 42 anni residente a Bruxelles. Il titolo? “Old Masters”, ovvero una giacca appesa a un gancio con le tasche piene di cartoline, che il pubblico può prendere e osservare. Ecco perché non scatta subito l’allarme. E la signora, una pensionata di 72 anni appassionata di visite museali, ha tutto il tempo di prenderla con sé, andare a casa, provarla, constatare che è troppo lunga e farci un bell’orlo.

Perciò, dal 7 marzo, alla parete della sala dove si era abituati a osservare quell’insolita installazione, c’è il vuoto. Una parete bianca con accanto la targhetta con il nome dell’opera, la data e il nome dell’autore. Un artista che ha concepito la sua opera come manipolabile dal pubblico. E infatti: l’opera è stata manipolata. E anche accorciata con cura. Anche se, forse, non era questo il suo intento.

Il colpo di scena? Mentre la signora è a casa sua a pensare a cosa abbinare l’indumento, se gonna o pantaloni, gli addetti della Galleria sono intenti a scorrere le telecamere di sorveglianza e a dare avvio alla ricerca.

Un furto premeditato? Dove può essere finita quella giacca-installazione? E le cartoline di cui erano piene le tasche? Ma l’opera non è finita in alcun circuito di ricettazione: non c’è nessun riscontro sulla vendita ad altre gallerie né indizio che sia stata trafugata. Giace su una gruccia nell’armadio di una pensionata parigina, ormai con diversi centimetri in meno di lunghezza.

Come si scopre? È la stessa donna a confessarlo dopo qualche giorno, ignara di aver trafugato un’opera d’arte. Tornata sul luogo dell’inconsapevole furto per ammirare un’altra delle esposizioni contemporanee, viene fermata dagli agenti. E con ingenuità spiega loro che “mai si sarebbe permessa di rubare un’opera d’arte”. Proprio lei che di arte è appassionata e trascorre molto tempo in visita a musei e mostre.

“Dopo il furto avevamo messo in atto un sistema di sicurezza particolare”, fa sapere Sabine Longin, la nuova direttrice del Museo Picasso. E aggiunge: “Old Masters ha avuto molto successo anche perché il pubblico è invitato a interagire con l’opera”. Più interazione di questa cosa rimane?

Il Museo Nazionale di Monaco, che aveva già esposto la giacca, si era espresso così sul valore dell’opera: “È il rapporto con il pubblico che la rende in realtà un capolavoro”. Nessun commento da Vilanova, che sul suo sito si descrive come un autore che “interroga i paradossi inerenti la cultura di massa”.

Il finale? L’incauta signora non dovrebbe avere problemi con la giustizia. Perché la direttrice, in piena solidarietà con l’inconsapevole trafugatrice, preferisce chiudere la questione. Forse comprendendo che l’arte contemporanea, quando è aperta all’interazione, può creare equivoci in alcuni soggetti che magari non leggono bene le targhette affisse. Del resto la priorità oggi per il Museo è celebrare il cinquantesimo anniversario della morte di Picasso, nel 2023.

Ma la nostra storia cinematografica ci porta subito alla scena madre di un film: “Vacanze intelligenti”, del 1978. Alberto Sordi e Anna Longhi sono due “fruttaroli” in vacanza culturale. Durante la visita alla Biennale di Venezia, stanca, affamata e con i piedi dolenti, la donna decide di riposarsi su una comoda sedia. Peccato che la sedia faccia parte di un’installazione contemporanea. Il pubblico che sopraggiunge la considera però come geniale parte vivente dell’opera. Fino a che la signora, infastidita, non si alza imprecando e lascia attoniti gli entusiasti visitatori.

Torniamo alla realtà. La signora che ha portato via la giacca-installazione dal Museo Picasso di Parigi non è stata l’unica a essere caduta in un tranello. L’esposizione della mostra di Goldschmied & Chiari nel 2015 al Museion di Bolzano è un esempio calzante di equivoco.

In scena c’erano i resti di una festa finita, metafora degli anni Ottanta, epoca del consumismo, della discomania e della televisione di massa.

Le donne addette alla pulizie, trovando a terra bottiglie vuote, mozziconi di sigarette, coriandoli e cartacce varie hanno raccolto il tutto nei sacchi neri dell’immondizia. Persino le scarpe abbandonate. L’opera contemporanea, dal titolo “Dove andiamo a ballare stasera?”, è stata spazzata via da abili scope e palette.

“Avevamo avvisato il personale di pulire solo il foyer e lasciare il resto”, aveva dichiarato allora all’Alto Adige la direttrice del museo di Bolzano, Letizia Ragaglia. Ma poi aveva aggiunto, sportivamente: “Il danno è stato fatto, ma per fortuna riusciremo a rimediare perché l’installazione è stata cestinata fortunatamente nei sacchi della differenziata”.

Foto Intagram/Oriol Vilanova

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