di Marco Vecchione

Tutto previsto, un pasticcio all’italiana. Confusione e polemiche sul contrordine per i professori no vax che, dal primo aprile, potranno rientrare al lavoro. A scuola, ma non in classe. A scuola, ma senza insegnare. Basterà un tampone, ma, attenzione: niente contatti con gli alunni, troppo rischioso. A stabilirlo il Dl 24/2022, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 24 marzo. Confermato l’obbligo vaccinale fino al prossimo 15 giugno per il personale scolastico di ogni ordine e grado, con il solito sistema di verifiche e inviti a chi non è in regola, ma, dunque, nessuna porta sbarrata (o quasi) ai docenti inadempienti, che dovranno essere destinati ad attività di supporto. E che vuol dire? In pratica, tutto e niente.

Un provvedimento, riguardante circa quattromila insegnanti, che verranno sostituiti fino al termine delle lezioni grazie allo stanziamento di altri 29 milioni di euro. Soldi, diatriba nella diatriba, che, avvisano i sindacati, saranno in parte sottratti alle risorse contrattuali destinate alla valorizzazione dei docenti e ai fondi di istituto. Paradossi che, logicamente, hanno mandato su tutte le furie i dirigenti scolastici e addirittura l’ex ministro all’Istruzione Lucia Azzolina che, giustamente, si dice basita e, con riferimento ai professori no vax, si chiede: “Quali saranno le loro mansioni?”. La risposta, in effetti, arriva direttamente da una circolare del Miur. “Il personale docente ed educativo inadempiente all’obbligo vaccinale – si legge nella nota – potrà essere impiegato nello svolgimento di tutte le altre funzioni rientranti tra le proprie mansioni, quali, a titolo esemplificativo, le attività anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione”.

Tutto molto chiaro, no? Per niente. Tant’è vero che le scuole sono in apprensione tra le perplessità di presidi e segreterie e l’agitazione degli stessi docenti: i vaccinati che si sentono, in un certo senso, penalizzati e non pienamente tutelati; molti dei non vaccinati, per le incertezze del nuovo ruolo e un demansionamento certo. Tutti, più o meno, scontenti.

E mentre il ministro Bianchi si pone il problema della continuità didattica per i ragazzi “che hanno bisogno di concludere l’anno con gli insegnanti che li hanno seguiti”, i Ds vanno al sodo. Alle prese col dilemma delle nuove funzioni da assegnare. Impresa assai ardua come ardua è, ovviamente, l’individuazione di spazi totalmente “schermati”. Visto che, in una scuola, gli studenti (che tra l’altro non hanno obblighi di tampone e in molti casi non sono vaccinati) “occupano” quasi tutte le aree ed entrano facilmente in contatto anche con dirigenti, assistenti amministrativi e collaboratori no vax (per i quali, però, le nuove disposizioni non prevedono alcun ridimensionamento).

Un bel casino, non c’è che dire, uno dei soliti al quale il sistema ci ha abituati. Soprattutto in tempi di pandemia con regole che hanno spesso messo in risalto il “meglio” della burocrazia made in Italy: tante contraddizioni, una certa distanza dalla realtà e poca dimestichezza della materia. Anche quando una parte del paese si è avviata (per modo di dire) verso una ritrovata normalità. A scuola e in pochi altri settori della società invece quasi nulla è cambiato.

Un’avventura, negli ultimi anni, districarsi in mezzo a normative e mutamenti repentini per la gestione dell’emergenza Covid-19, una gran bella responsabilità far rispettare le prescrizioni e non passare guai, una fatica capirci qualcosa e adeguarsi a tutto e al contrario di tutto, a danno della programmazione didattica. Per i Cobas, con le ultime novità, ci troviamo di fronte a “un accanimento incomprensibile”. In realtà, siamo semplicemente al cospetto di errori, scelte poco coerenti (e poco sanitarie) e a tratti indecifrabili. Come testimonia l’ultima trovata per i docenti no vax: ammessi, esclusi e ora riammessi a mezzo servizio. Una telenovela. Ancora senza lieto fine.

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