Con la crescente necessità di adattare la capacità di resa delle colture, a causa dell’aumento della popolazione mondiale (senza la guerra tra Russia e Ucraina) e dell’esigenza di rendere le coltivazioni più resilienti ai cambiamenti climatici lo studio di strategie innovative in grado di migliorare la produzione dei cereali costituisce un ambito di ricerca estremamente importante. A compiere un significativo passo in avanti verso questo obiettivo un recente studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati della China Agricultural University, della Huazhong Agricultural University, dell’Accademia cinese delle scienze, della Yangzhou University e del Max Planck Institute of Molecular Plant Physiology.

Il gruppo di ricerca, guidato da Wenkang Chen, ha infatti scoperto alcuni geni che potrebbero aumentare la resa di mais e riso. Gli esperti hanno inizialmente esaminato il processo che ha portato alla domesticazione delle colture di mais e riso. Grazie a una serie di indagini genetiche accurate, gli scienziati sono stati in grado di individuare il gene associato alla manifestazione del numero di chicchi di mais sulle piante. La manipolazione di questo gene comportava un aumento nella resa del cereale. Questi risultati, commentano gli esperti, sono estremamente importanti nell’ottica del miglioramento della produttività di colture alimentari globali. È pertanto fondamentale, sostengono gli studiosi, continuare a esplorare il ruolo della genetica nella resa e nella produttività delle diverse specie vegetali.

Domesticati quasi 100 mila anni fa, mais e riso costituiscono oggi due delle colture più diffuse a livello globale e sono estremamente importanti dal punto di vista economico. Sebbene i tratti di ciascuna specie siano stati selezionati in modo pressoché indipendente, gli esperti si sono concentrati su una serie di caratteristiche desiderabili condivise tra le due colture, come la facilità di coltivazione, l’elevata resa e la ricchezza di nutrienti. Questi tratti, spiegano gli studiosi, sembrano aver subito una selezione convergente nei lignaggi distinti che vengono attualmente coltivati, ma non è ancora stato stabilito se essi dipendano o meno da caratteri genetici inizialmente condivisi. Se così fosse, la manipolazione controllata di questi tratti genetici potrebbe portare a un miglioramento nella resa e nella produzione delle colture finali. Per valutare questa possibilità, il team ha considerato l’antenato dei cereali, il teosinte, noto anche come Zea mexicana.

Gli autori hanno quindi identificato un particolare locus genetico che era associato alla formazione dei chicchi di mais, e che sembrava guidare il numero di file che si manifestavano sulla pianta. Attraverso la mappatura di questa regione genomica, gli studiosi hanno identificato KRN2, un gene particolarmente coinvolto nella resa del mais. Grazie a una serie di confronti genetici, è stato quindi possibile individuare anche l’omologo di questo gene nel riso, OsKRN2. Entrambi i geni, riportano gli studiosi, potevano regolare l’espressione della proteina WD40, correlata a una resa inferiore delle coltivazioni. Per confermare questi risultati, gli scienziati hanno eseguito delle manipolazioni genetiche, per poi valutare sul campo la produttività dei cereali. Quando i due geni sono stati eliminati, in effetti, la resa del mais è aumentata del 10 per cento, mentre nei campi di grano è stato osservato un aumento dell’8 per cento nella produzione di spighe. Gli scienziati precisano che non sono stati rilevati effetti collaterali negativi su altre caratteristiche agronomiche. Questi risultati, concludono gli studiosi, forniscono interessanti obiettivi per lo sviluppo futuro di nuove colture.

Valentina Di Paola

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