di Riccardo Cristiano*

La guerra in Ucraina ha un tratto che non va sottovalutato. Si tratta dell’abito o della sostanza religiosa dello scontro. La rilevanza è oggettiva anche per la scelta del presidente russo, Vladimir Putin, di citare il Vangelo secondo Giovanni nel suo famoso discorso all’adunata per la vittoria che ha avuto luogo nei giorni scorsi a Mosca.

Questa importanza del fatto religioso nel conflitto in Ucraina è confermata dalla decisione di Putin che, nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, ha inaugurato una statua, accanto al Cremlino, di Vladimiro il Grande, il quale nell’860 convertì a Kiev il popolo russo al cristianesimo. Per questo Putin, all’inizio del conflitto, ha sostenuto che l’Ucraina non esiste. Per lui, come per il patriarca di Mosca Kirill, esiste il “mondo russo”, che comprende Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia; qualche volta si cita anche il Kazakhstan. Questo “mondo russo” avrebbe una sua capitale politica, Mosca, un centro spirituale, Kiev, una Chiesa, il patriarcato di Mosca e di tutte le Russie. Fanno analogamente parte del mondo russo tutti i russi che vivono all’estero.

Questo mondo ha una sua anima, una sua immodificabile tradizione e morale. In questo modo la Chiesa non rappresenta un territorio, ma un popolo, nella sua interezza. Stiamo dunque parlando non di una Chiesa legata a un territorio, ma di una Chiesa etnica. Una Chiesa etnica non può rappresentare anche altre persone, magari immigrate in quei territori. Tanto meno può diventare universale. È la Chiesa di quella etnia. Una visione che per la teologia ortodossa e cattolica è l’opposta di quella della Chiesa di Cristo. Infatti il Concilio pan-ortodosso del 1872 definì la teoria di una Terza Roma eretica. L’idea infatti degenera facilmente in trasformazione della Russia in Regno di Dio materializzato in terra.

È un po’ quello che accadde tanto tempo fa quando Costantinopoli veniva definita la Seconda Roma, impero della cristianità realizzato sulla terra, anticipazione umana del Regno di Dio. Dopo la conquista di Costantinopoli da parte musulmana si diffuse la teoria di Mosca come Terza Roma, cioè nuovo impero cristiano, sottoposto alla legge di Dio e guidato dal Cremlino in accordo sinfonico con il Patriarca di Mosca. I tempi però sono cambiati, ma questo oggi lo dice apertamente Alexandr Dugin, ideologo ritenuto vicino a Putin e che, sposando l’ideologia della Terza Roma, ha detto che Mosca deve creare un impero da opporre all’Occidente, corrotto e vizioso. Sono idee che echeggiano nelle posizioni del patriarca di Mosca, Kirill, che ha parlato di “mondo russo” contrapposto a un mondo potentissimo, che per dare accesso al proprio circolo imporrebbe i Gay Pride, cioè a suo avviso la fierezza di essere contro la legge Dio. In Ucraina si combatterebbe per tenere Kiev nell’impero del bene.

Queste idee sembrano voler portare Mosca dall’ateismo di Stato al fondamentalismo di Stato. Per questo la visione di Kirill è stata condannata da teologi ortodossi di tutto il mondo, che lo hanno scritto in questi giorni in un documento comune, ribadendo che alla base di questa interpretazione del conflitto ucraino c’è un pericolo per il cristianesimo: “Condanniamo come non ortodosso e respingiamo qualsiasi insegnamento che cerchi di sostituire il Regno di Dio visto dai profeti, annunciato e inaugurato da Cristo, ammaestrato dagli apostoli, ricevuto come sapienza dalla Chiesa, enunciato come dogma dai Padri, e sperimentato in ogni Santa Liturgia, con un regno di questo mondo, sia quella Santa Rus’, la Sacra Bisanzio o qualsiasi altro regno terreno, usurpando così l’autorità di Cristo stesso di consegnare il Regno a Dio Padre, e negando il potere di Dio di asciugare ogni lacrima da ogni occhio. Condanniamo fermamente ogni forma di teologia che nega che i cristiani siano migranti e rifugiati in questo mondo, cioè il fatto che la nostra cittadinanza è nei cieli, ed è da lì che aspettiamo un Salvatore, il Signore Gesù Cristo”. Il Salvatore, dicono in sostanza, non vive al Cremlino o in altri Palazzi terreni.

Qui non si intende affermare che questa sia la vera posizione di Mosca, ma è un fatto che Mosca ha rotto l’unità ecclesiale con tutte le Chiese ortodosse che hanno riconosciuto l’autonomia della Chiesa ortodossa in Ucraina, e che la questione è stata discussa anche al Cremlino. L’Ucraina sarebbe un tassello decisivo per la resistenza garantita dal mondo russo davanti al dilagare di un sistema che corrompe le società, mettendo in pericolo il destino dell’intera umanità.

Molti giornali si sono soffermati sull’attacco ai Gay Pride, ma quell’attacco indicava solo il punto più alto, nella visione del patriarca, dello sgretolamento da parte dell’Occidente della società tradizionale. Che ci si creda davvero o no, è un parametro di giudizio discutibile. Se Putin intendesse nazionalizzare le masse russe saprebbe che questo processo, come dimostra la storia dei totalitarismi del Novecento, avrebbe bisogno di una tradizione antica tramite la quale legare se stesso e le masse. Il cristianesimo verrebbe così ridotto a tradizione. Questo preoccuperà alcuni credenti. Il meccanismo invece preoccuperà altri russi.

* Vaticanista di RESET, rivista per il dialogo

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