Da una mano il libro con tre palle d’argento e una croce sempre in argento con alcune gemme; dall’altra un anello in oro con alcune pietre. Poi una collana reliquiaria e per finire il contenuto delle cassette delle offerte. E’ questo il bottino del furto nella notte all’interno della Basilica di San Nicola, il santo di Myra, patrono di Bari, venerato anche da migliaia di fedeli russi e dagli ortodossi e, per questo, nelle ultime settimane invocato come simbolo di pace. Intorno alle 4, i ladri si sono introdotti all’interno della Basilica, forse dall’ingresso laterale, con tutta probabilità da una grata rotta accanto alla facciata principale del luogo di culto, che si trova nel cuore di Bari vecchia. Da qui il furto direttamente dalla statua del santo. Gli agenti della Squadra mobile hanno analizzato le immagini delle telecamere di sorveglianza interne ed esterne: i filmati non sono di buona qualità, ma gli investigatori sono certi che ad agire sia stata una sola persona, un uomo con mascherina e cappuccio sulla testa. “Non un professionista” ritengono gli investigatori, dal momento che la gran parte degli oggetti di valore è stata lasciata all’interno della stessa teca. A dare l’allarme sarebbe stato all’alba il sagrestano, il primo che entra in Basilica la mattina per la messa delle 6. Si sta ancora quantificando il valore dei beni rubati.

A sentire i padri domenicani la statua non ha subito danni eccessivi, mentre per loro il ladro potrebbe aver avuto un complice. Le immagini del resto hanno immortalato “un uomo dall’aspetto giovanile, aiutato molto probabilmente da un complice non visibile nelle telecamere”, il quale “dopo aver divelto un inferriata addossata alla torre campanaria e sfondato la porta d’ingresso in Largo Abate Elia, si è furtivamente intromesso nel tempio nicolaiano con il preciso intento di svuotare le cassette delle offerte”. “Nell’impossessarsi delle offerte contenute nella teca trasparente in piedi della statua del santo – hanno ricostruito i padri domenicani – entrato in contatto con la statua del santo si è impadronito dell’anello alla mano destra, dell’evangeliario con le tre sfere sulla mano sinistra, e di un medaglione contenente una fiala della manna. Fortunatamente non è stata trafugata la croce pettorale dono dell’arcivescovo Mariano Magrassi“. “In attesa di conoscere ulteriori sviluppi – prosegue la nota – informiamo i devoti e i pellegrini di San Nicola sparsi nel mondo che la statua del santo non ho subito eccessivi danni” e che “quanto prima sarà effettuato un intervento di restauro particolarmente alle mani del Santo”.

Non si è fatta attendere la condanna del sindaco di Bari Antonio Decaro: “Un atto non solo sacrilego ma fortemente offensivo per la comunità di fedeli e devoti nicolaiani e per la città di Bari, che intorno al messaggio del suo Santo patrono ha costruito gran parte della sua identità”. Per Decaro “aver sottratto i simboli più evocativi della vita e della missione del vescovo di Myra significa aver ferito profondamente la città”. Poi l’appello: “Spero che l’autore di questo gesto meschino e inqualificabile si ravveda immediatamente restituendo ai padri domenicani gli oggetti sacri. Perché non ci può essere nessuna giustificazione per chi compie un furto nel luogo che custodisce il simbolo e la storia di tutti noi”.

Il furto ha avuto anche una coda triste, visto che la chiesa è stata chiusa e chi aveva sopportato un lungo viaggio per pregare sulla tomba del Santo non è potuto entrare. Tra questi anche alcune donne ucraine, che erano venute a pregare San Nicola per i loro famigliari in Ucraina, ma hanno trovato le porte della Basilica nel cuore di Bari Vecchia sbarrate con le macchine della Polizia. Ksenia, 51 anni, è arrivata in Italia cinque giorni fa in fuga dalla guerra, mentre suo marito è rimasto a combattere a Mariupol, una delle città più bombardate. La sua amica Irina, invece, viene da Napoli dove vive da tempo, mentre le sue due figlie e i due nipotini stanno a Mariupol. Per loro, dei quali non ha notizie dal 9 marzo, era venuta a pregare stamattina San Nicola. “Mia figlia quel giorno era uscita per cercare un telefono e chiamarmi – ha raccontato in lacrime – poi hanno bombardato l’ospedale delle donne e da allora non sono più riuscita a mettermi in contatto con loro”. Le due donne avevano scelto oggi perché “in Ucraina – hanno spiegato – è la festa dei 40 santi e volevamo pregare nella cripta di San Nicola per proteggere i nostri cari”. Nella stessa piazza, di fronte all’ingresso della Basilica, c’è un’altra statua di San Nicola, donata anni fa dal presidente russo Putin alla città di Bari. “A quella statua non vogliamo neanche avvicinarci – hanno detto – perché l’ha regalata Putin, che sta uccidendo le nostre famiglie e distruggendo le nostre città”.

“È triste e doloroso prendere atto che non c’è alcun limite all’oltraggio del sacro. In un contesto già faticoso, in cui la sacralità della vita viene abusata dalla guerra, anche un’immagine simbolica, quale la Basilica del Santo di Myra e la sua Icona più rappresentativa, realtà fortemente identitaria per la comunità barese, viene ferita dalla violenza di alcuni che sembrano aver smarrito qualunque senso del pudore verso l’uomo e del timore verso Dio. Quanto accaduto mi lascia fortemente preoccupato non tanto per gli oggetti e il denaro sottratti, ma per la mancanza di rispetto che si è consumata al cuore della fede dei baresi”. È questo invece il commento di monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari Bitonto, al furto di questa notta nella Basilica di San Nicola. Il vescovo è a Roma per partecipare alla riunione con il Consiglio Permanente della Cei, “al lavoro su tematiche delicate quali la tragedia che si sta consumando in Ucraina“, e lì è stato “informato dell’avvenuto furto sacrilego operato nella notte”.
“In questo tempo di quaresima, propizio per la conversione dei cuori – ha detto Satriano – invito tutta la comunità cristiana a invocare la misericordia di Dio su chi ha commesso questo atto miserevole e auspico che chi ha operato nell’oscurità della notte possa ravvedersi e restituire quanto trafugato. Avverto urgente, e non più rinviabile, un lavoro serio e sinergico sulla sfida educativa che vada a recuperare valori umani e religiosi fondamentali per la crescita di una società che sia realmente civile“.

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