Più di tre milioni di ucraini sono stati costretti a partire per Paesi europei, facendo piombare l’Europa in una situazione drammatica. Una condizione già conosciuta in altre aree del pianeta dove oltre 82 milioni di persone sono in fuga da guerre devastanti e dimenticate, catastrofi climatiche e discriminazioni. E se da una parte ci sono quei tre milioni di persone che lasciano l’Ucraina, dall’altra sono tra gli 11 e i 12 milioni gli sfollati interni, ossia le persone che hanno lasciato le loro città e il loro lavoro restando però nel Paese. Lo ha precisato Mykhailo Podolyak, capo negoziatore di Kiev e consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Mentre la vice premier ucraina Iryna Vereshchuk ha spiegato, proprio in queste ore, che sono otto i corridoi umanitari “concordati per oggi dalle autorità dell’Ucraina per poter far uscire i civili dalle città assediate dalle truppe della Russia”. Esclusa la città di Mariupol, dove – ha detto la vice premier – continuano a fallire gli sforzi per portare forniture umanitarie.

Dove va chi fugge dalla guerra in Ucraina Sono più di 2,1 milioni le persone che, fuggite dalla guerra, hanno attraversato il confine con la Polonia dall’inizio del conflitto, secondo gli ultimi dati della polizia di frontiera polacca. Nella sola giornata di domenica 20 marzo sono arrivati in 33.800. “Centinaia di migliaia di rifugiati si sono ammassati in poche settimane ai confini con Polonia, Romania, Moldavia, Ungheria e potrebbero superare i 4 milioni in breve tempo” spiega Oxfam. Fino a pochi giorni fa erano arrivate 600mila persone in Romania e 250mila in Ungheria, altrettante in Slovacchia e in Repubblica Ceca, nonostante non confini con l’Ucraina. Il viaggio di molti profughi continua, infatti, anche dopo aver raggiunto i Paesi più vicini. A tre settimane dall’inizio dell’invasione russa, in Moldavia erano arrivate più di 350mila persone, 250mila delle quali sono ripartite verso ovest. Sono circa 55mila i profughi arrivati in Italia (soprattutto in Lombardia ed Emilia-Romagna), dove già vive una comunità ucraina che sfiora le 250mila persone.

Alla frontiera tra Moldavia e Ucraina “Dopo lo scoppio della crisi siamo andati alla frontiera tra Moldavia e Ucraina per decidere con i colleghi quali fossero i bisogni primari su cui intervenire – racconta Sorinel Ghetau, direttore dei Programmi di Oxfam Italia – e ci siamo trovati davanti una situazione drammatica che rischia di peggiorare nelle prossime settimane, in un Paese che è già al limite delle proprie possibilità di accoglienza”. Circa 100mila profughi, infatti, si sono fermati in Moldavia e oggi rappresentano il 5% della popolazione. “Sono in gran parte donne e bambini, persone anziane o con disabilità che spesso arrivano senza soldi e documenti, perché costrette a fuggire all’improvviso. Per questo ci stiamo preparando ad aiutarli ad accedere ai servizi essenziali, ad avere un alloggio e beni di prima necessità, a non correre il rischio di restare vittime di fenomeni di sfruttamento” aggiunge Sorinel Ghetau. Per esempio vengono forniti loro i soldi necessari per far fronte alle spese di base o poter continuare il proprio viaggio verso altri paesi europei. Alla frontiera polacca, invece, Oxfam fornisce servizi igienico-sanitari e acqua pulita migliorando le condizioni nei centri di accoglienza temporanea”.

Nel mondo 82 milioni di persone in fuga Sottolineando che il conflitto “ha ricacciato l’Europa e il mondo intero indietro di decenni, con la sua scia di morte e dolore” Oxfam ricorda che nel mondo sono oltre 82 milioni le persone in fuga da guerre devastanti e dimenticate, catastrofi climatiche, discriminazioni. Solo in Yemen e Siria quasi 10 milioni di persone sono ancora in fuga dalla guerra e dalle sue conseguenze. Mentre la pandemia continua a fare vittime tra una popolazione in gran parte priva di vaccini e cure, oltre 33 milioni di persone non hanno accesso a fonti d’acqua sicure per far fronte alle necessità di ogni giorno. In Yemen oltre l’80% della popolazione continua a dipendere dagli aiuti umanitari. Due yemeniti su tre non possono contare su nessun servizio sanitario, mentre in 18 milioni non hanno accesso all’acqua pulita. “La guerra, iniziata il 26 marzo di 7 anni fa – ricorda Oxfam – non accenna a fermarsi, così come il massacro di civili che ha avuto un tragico incremento negli ultimi mesi e ha già causato oltre 18.500 vittime civili dal 2015. Più di 4,3 milioni di persone, di cui la metà bambini, sono stati costretti a fuggire dalle proprie case per cercare scampo da scontri sempre più aspri. Centinaia di migliaia di famiglie sono costrette a spostarsi di continuo, lungo la linea del fronte a Marib, per sfuggire agli attacchi che non risparmiano obiettivi civili: campi profughi, ospedali, abitazioni, scuole, infrastrutture essenziali”. E la situazione non va meglio in Siria dove “undici anni di conflitto (questo marzo) hanno prodotto la più grave emergenza profughi al mondo e ucciso centinaia di migliaia di persone”. “Nel Paese una persona su due dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere e il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà – spiega ancora Oxfam – In molte parti del Paese i combattimenti si sono fermati e centinaia di migliaia di persone hanno fatto ritorno in città distrutte e prive di qualsiasi servizio. Basti pensare che 15,5 milioni di siriani non hanno accesso ad acqua pulita corrente. Mancano scuole, ospedali e infrastrutture idriche essenziali per prevenire la diffusione di malattie come tifo, colera, dissenteria e il Covid-19”. Per questo, per assicurare aiuti di prima necessità, acqua pulita a quante più persone possibile, Oxfam Italia lancia la campagna di raccolta fondi ‘Salviamo vite nelle emergenze’. Fino al 9 aprile si potrà offrire un contributo con un SMS solidale o chiamata da telefono fisso al 45584.

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