Igor ha scritto da Odessa per sapere se ad Amsterdam c’è un’ipotesi di futuro per i suoi figli. Lavora alle Nazioni Unite. Sua moglie invece si occupava di moda in Ucraina e ha perso il posto. Lei, insieme ai due ragazzi di 12 e 14 anni, ha raggiunto l’Olanda mettendosi in marcia attraverso l’Ungheria. Rosa invece ha 52 anni e ha lasciato il Paese con suo marito. Il loro viaggio è stato più in salita di altri: lui è camerunense e alle (tante) frontiere hanno incontrato resistenze e discriminazioni. Partita solo con ciò che indossava, ha trovato nuovi abiti nelle chiese. E poi uno fra gli arrivi più recenti: una donna da Leopoli con due bambini, diretti a Parigi. Loro come tanti altri hanno chiesto aiuto tramite la piattaforma ICanHelp.host: funziona come Airnbnb, ma è gratuita. Da una parte i profughi ucraini, dall’altra chiunque abbia la possibilità di ospitarli. Per pochi giorni, una notte, qualche ora. Si tratta spesso di soste temporanee o di tappe intermedie verso altre destinazioni. Igor, Rosa e la famiglia di Leopoli hanno trovato un posto letto a casa di Francesco Zanotelli, expat italiano che da anni vive ad Amsterdam: “Il servizio crea una linea diretta fra profughi e persone residenti nelle zone in cui sono diretti. Oltre all’ospitalità, fornisce anche una rete informativa. Sono iscritto da pochi giorni e ho ricevuto moltissimi messaggi da persone in fuga che mi chiedevano notizie sulla città. Prima di tutto se c’è lavoro. Poi come funziona la sanità, la scuola, e così via. Cercano aiuto per capire come orientarsi in un contesto per loro del tutto nuovo”.

La piattaforma localizza su maps le case disposte all’accoglienza. Con nome del proprietario, indirizzo, account social e disponibilità in termini di tempo e posti letto. “Per esempio, io ho un appartamento di pochi metri quadri e non posso ospitare per troppo tempo”, prosegue Zanotelli, che però ha aiutato sia Igor, sia Rosa sia la famiglia proveniente da Leopoli. Dove si può, dice, si comunica in Inglese, in alternativa tramite Google traduttore. Con Rosa è rimasto in contatto: lei ha deciso di restare ad Amsterdam insieme al suo compagno. Zanotelli li ha accompagnati a cercare nuovi vestiti e li ha fatti orientare per le vie della città.

Attivo dal terzo giorno di guerra, il sito è visitato da 60-80mila utenti al giorno. Non sostituisce il sistema di accoglienza ufficiale, lo integra. L’idea iniziale è di Farhad Shamo Roto, rifugiato Yazida, e di Nick Antipov, attivista Lgbt. Il progetto è stato poi messo a punto da alcuni informatici bielorussi contrari al regime Lukashenko. Fra loro c’è George Kachanouski, che al Fatto.it conferma: al 17 marzo 8mila persone hanno offerto accoglienza, da tutto il mondo. Il 12 marzo erano circa 5mila: da lì, una crescita costante. Alla stessa data 1700 case hanno ospitato persone in fuga dalla guerra. Il loro obiettivo è estendere l’aiuto a 500mila ucraini. Secondo l’Onu, dal 24 febbraio – inizio dell’aggressione russa – un totale di 3.437.976 rifugiati hanno attraversato il confine ucraino per cercare rifugio all’estero. I dati, aggiornati al 18 marzo e riportati su un’apposita pagina del sito dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), indicano che la stragrande maggioranza delle persone in fuga è arrivata in Polonia, seguita dalla Romania e dalla Moldavia. In Italia sono arrivate al momento 59.589 persone: di cui 30.499 donne, 5.213 uomini e 23.877 minori. In prevalenza sono ospitati da connazionali. Lo dicono i dati del Viminale. Il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio ha fatto sapere che, se i numeri cresceranno anche nel nostro Paese, la stessa rete della Protezione civile potrebbe non essere sufficiente a sopportarne il peso. Aveva inoltre sottolineato la connessione con il terzo settore, proprio per cercare di incontrare le l’ospitalità offerta dai cittadini e dalle famiglie. In rete, anche per l’Italia, c’è una possibilità di aiuto in più.

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