Presidente di UniPegaso ancora in carica e neo editore dell’Espresso, rilevato dal gruppo Gedi, l’uomo d’affari napoletano Danilo Iervolino è davanti a un bivio, un dubbio di quelli che ti fanno venire l’emicrania: faccio o non faccio causa a me stesso? E se vinco? E se perdo? Il paradosso ha un qualche fondamento: Iervolino e UniPegaso hanno un contenzioso legale in corso contro l’Espresso. Hanno chiesto 38 milioni di euro di danni per un articolo. Il settimanale, all’epoca diretto da Luigi Vicinanza, ha vinto in primo grado, sentenza del Tribunale civile di Napoli. La decisione è ancora appellabile. Mentre per la pendenza penale si va verso la chiusura: il Gip di Roma Mara Mattioli ha archiviato le querele. Sul decreto di archiviazione di due pagine è stato presentato un reclamo, una procedura che molto raramente viene accolta.

Per capire perché l’imprenditore Iervolino potrebbe ancora fare causa in appello contro l’editore Iervolino, bisogna riavvolgere il nastro al 20 novembre 2014. È il giorno in cui appare a pagina 70 e 71 dell’Espresso una inchiesta di due pagine a firma Nello Trocchia che riguarda la carriera di Iervolino e la sua geniale intuizione di fondare l’università telematica UniPegaso, in anni in cui la connessione Internet faceva un terribile rumore sul modem esterno e navigare in rete era una gran fatica.

Ma l’articolo è tutt’altro che ossequioso. Racconta le perplessità dell’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario, sulla qualità dei corsi e dell’offerta formativa di UniPegaso e “sul valore reale della preparazione conseguita nei master, di cui si raccomanda una drastica riduzione”, come scrivono in un report. Ricorda le vicende giudiziarie di Angelo Iervolino, fratello di Danilo e tra i cofondatori di UniPegaso, che un’inchiesta della Procura di Torre Annunziata aveva accusato di essere il titolare occulto di un diplomificio del vesuviano, il Vittorio Emanuele II, dove secondo i pm si falsificavano i registri di classe e gli esami di maturità erano una sorta di farsa. Specifica che Danilo è estraneo alle indagini e viene citato nelle carte solo per i rapporti societari col fratello, e che Angelo non potrà difendersi nel processo perché si spegne per un brutto male, senza avere la possibilità di replicare alle contestazioni e dimostrare la sua innocenza.

Insomma, l’Espresso fa il suo mestiere, e lo fa con la qualità che lo ha reso uno dei settimanali più prestigiosi della storia di questo paese: mette nero su bianco notizie di interesse pubblico su un giovane e brillante self made man che dalla provincia napoletana si sta affacciando sul palcoscenico nazionale e che intrattiene relazioni di alto livello con il mondo della politica (il suo istituto fu scelto da Berlusconi per la scuola nazionale di Forza Italia).

Iervolino, però non la prende bene. Prima, tramite i suoi avvocati, chiede e ottiene dai giudici un provvedimento cautelare rarissimo: la rimozione dell’articolo dal sito dell’Espresso, nel frattempo diventato virale. E poi nel 2018 promuove una citazione civile di quelle che fanno tremare i polsi persino a una testata inserita in un colosso editoriale: 38 milioni di euro di danni, una cifra che ne avrebbe spolpato i conti fino all’osso.

La citazione è proposta da Iervolino e da 137 tra dipendenti, collaboratori e docenti di UniPegaso. Uno spirito di squadra fortissimo. Viaggia su un altro binario la querela in Procura a Roma. La firma Iervolino, da solo.

Poi arrivano le sentenze. Quasi in contemporanea. A novembre 2021 il Gip di Roma archivia le posizioni di Trocchia e Vicinanza, difesi dall’avvocato Paolo Mazzà: “L’articolo si cui si duole l’opponente (Iervolino, ndr) riporta notizie vere” e “non emerge in alcun modo la sussistenza di espressioni insinuanti, sottintese o ambigue”, afferma il giudice nel decreto. A dicembre anche il Tribunale civile di Napoli riconosce la correttezza del lavoro giornalistico dell’Espresso e rigetta la maxi citazione.

Ma sulla pagina del sito dell’Espresso che una volta ospitava l’inchiesta di Trocchia, oggi appare ‘page not found’. Quell’articolo è scomparso, per sempre. L’Espresso ha deciso di non ripubblicarlo. Sopravvive nella memoria di chi lo ha letto e di chi ne strappò i fogli per conservarlo. C’era una foto sorridente di Iervolino in completo blu elettrico, cravatta gialla e pochette multicolore, con Capri sullo sfondo. E nulla che lasciasse intuire che sette anni dopo Iervolino si sarebbe comprato il settimanale che ha rischiato di affossare con una citazione record.

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