Da un nulla di concreto a tutto fatto nel giro di un paio di giorni. Gli affari del resto si fanno così, anche quando si commerciano idee. E così nel giro di un weekend è stato firmato il contratto per il divorzio dell’Espresso da Repubblica o, più prosaicamente, del cambio di proprietà dello storico settimanale d’inchiesta che la famiglia Agnelli capitanata da John Elkann ha deciso di tagliare dal gruppo editoriale rilevato una manciata di anni fa dai De Benedetti. Certo, le due testate continueranno a uscire insieme “per accompagnare la fase di transizione“, ma più che una comunione d’idee e progetti o di un lungo addio, si tratta di una dote – e non di poco conto – per gli acquirenti del giornale racchiuso sotto Bfc Media, che non dovranno preoccuparsi della diffusione della testata e andranno a traino del quotidiano per la raccolta pubblicitaria.

Naturale quindi che, con questa premessa, il prezzo di cessione non sia stato reso noto. Mentre il venditore ha tenuto a precisare che Bfc Media è “un gruppo editoriale solido, che ha valorizzato economicamente la testata e che sta puntando sullo sviluppo di riviste periodiche” presso il quale “il settimanale L’Espresso potrà trovare maggiore allineamento nella strategia aziendale, rispetto alla direzione evolutiva che il Gruppo Gedi ha intrapreso e sta perseguendo da anni, centrata sull’informazione in real time per il grande pubblico e sullo sviluppo di contenuti digitali e multimediali per i quotidiani e le radio”.

Parole che non hanno certo placato gli animi della redazione già in agitazione e fresca di dimissioni del direttore Marco Damilano. “Dopo mesi di smentite e astratte rassicurazioni, il gruppo GEDI annuncia infine la vendita dell’Espresso. L’offerta che appena tre giorni fa ‘non era ancora stata formalizzata’ e doveva per questo essere prima valutata, è invece stata formalizzata e accettata in tempi record – si legge in una nota sindacale – Si demolisce il castello eretto nei mesi scorsi dai vertici del gruppo GEDI, che così confermano la propria serietà e affidabilità. La stessa che ha portato nell’ultima settimana alle dimissioni del precedente direttore, arrecando un ulteriore pesantissimo danno d’immagine alla testata”. La redazione del settimanale, proclamando uno sciopero a oltranza delle firme, ha quindi espresso “grande preoccupazione per il futuro di un giornale che ha fatto delle inchieste e delle battaglia politiche, civili e culturali la propria ragion d’essere ed entra in un gruppo editoriale che finora si è concentrato su altri settori dell’informazione“. I giornalisti dell’Espresso non mancano poi di sottolineare come si sia arrivato a un “risultato finale di un negoziato che per mesi metterà l’Espresso in una situazione che non ha precedenti nella storia dell’editoria italiana, di fatto una co-gestione sospesa tra due proprietà. Una vecchia proprietà che ha affermato la ‘non strategicità’ della testata e un’altra società promessa acquirente di cui al momento non è dato sapere che tipo di obiettivi si pone per il giornale. Una situazione che rende impossibile il sereno lavoro dell’intero corpo redazionale”.

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