Per evitare il default la Russia pagherà in rubli, al tasso ufficiale della Banca Centrale, i creditori stranieri che hanno sottoscritto obbligazioni di Mosca. Tuttavia l’opzione non è prevista nella maggioranza dei contratti che regolano questi titoli. I fondi saranno depositati, a richiesta, in un conto speciale presso un istituto di credito russo visto che le clearing house Euroclear e Clearstream, tradizionale canale per pagare gli obbligazionisti, hanno bloccato i pagamenti in rubli e lo stesso governo russo ha imposto un controllo di capitali. Non solo. Il Ministero delle Finanze domenica 6 marzo ha fatto sapere tramite l’agenzia stampa ufficiale russa, la Tass, che intende “onorare completamente e nei tempi previsti gli obblighi in materia di servizio e ritiro dei titoli di stato della Federazione Russa”.

Resta il fatto che per l’agenzia Moody’s, che nella notte tra sabato e domenica 6 marzo ha tagliato il rating sul merito di credito della Federazione portandolo a Ca da B3, il debito sovrano russo è un titolo “altamente speculativo“, con un’alta probabilità di restare impagato a breve termine e di finire in default, seppure con qualche possibilità di recupero di capitale e interessi.

Il prossimo 16 marzo scadono le cedole di due titoli di Stato russi in dollari per 117 milioni. Se i creditori stranieri verranno pagati, ma in rubli, il Paese potrebbe comunque finire in default tecnico. La chiusura delle clearing house, infatti, fa sì che la valuta locale non sia convertibile. E poi c’è il divieto del governo di esportare capitali all’estero. Inoltre, secondo lo stesso regolamento di questi due bond in dollari, il pagamento in rubli non è contemplato. Circostanza che non eviterebbe quindi il default e l’attivazione dei Cds, ovvero gli strumenti finanziari che assicurano i sottoscrittori dal fallimento sul debito russo che al momento sono già alle stelle.

L’ultima mossa di Mosca, segue l’iniezione di liquidità varata venerdì, quando la Banca Centrale russa ha immesso liquidità e venduto 679 miliardi di rubli (pari a 6,17 miliardi di dollari) in un’asta pronti contro termine di cinque giorni. L’istituto centrale in quell’occasione ha alzato il tasso di riferimento al 20% per rendere più attraenti i depositi. Ma soprattutto, mercoledì 2 marzo, l’istituto centrale russo aveva sospeso il pagamento agli investitori esteri della cedola di due bond governativi, conosciuti come Ofz, con scadenza febbraio 2024. Gli investitori esteri hanno in portafoglio circa 28 miliardi di dollari di Ofz e circa 20 miliardi di Eurobond emessi da società russe, oltre a partecipazioni azionarie in società russe per 86 miliardi.

Dopo la scadenza di metà marzo, un’altra data cerchiata in rosso è il 31 marzo, con un’altra cedola in scadenza per 359 milioni di dollari, mentre il 4 aprile è fissato il rimborso del capitale su un bond da due miliardi di dollari. La Russia avrebbe 640 miliardi di riserve, più che sufficienti a coprire i suoi 490 miliardi di esposizione verso l’estero. Inoltre prima che scatti il default, i bond sovrani godono normalmente di un periodo di grazia di 30 giorni per poter effettuare pagamenti in ritardo. Dunque c’è ancora qualche settimana perché il negoziato possa evitare di arrivare alle conseguenze estreme. Ma di quei 640 miliardi di riserve, la metà sono stati congelati da Usa, Ue e Giappone.

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